Venere Privata
Tre colpi di pistola, un uomo crolla a terra morente. Stacco sul contro-campo dove una donna tiene in mano una pistola fumante. Siamo in una galleria d’arte moderna (che richiama quella de L’uccello dalle piume di cristallo) dove dentro regna il silenzio, mentre fuori si sente un gran vociare di curiosi. Stacco, interno di un commissariato, stacco. Fine. Il montaggio aritmico (molto nouvelle vague, infatti siamo nel 1971) che caratterizza tutta la pellicola di Rossati rende al meglio l’impulso della narrazione e costringe il film alla sintesi. La vicenda di Paola (un aderente Eva Czmerys) che diventa prostituta per (troppo) amore, è un dramma esistenziale da camera, che eleva il film verso quel cinema-medio capace di utilizzare il genere in maniera ambiziosa e matura. Nella storia di una coppia di giovani rampanti, tesi a voler vivere sempre sopra alle proprie possibilità, si può leggere in filigrana, non solo l’idea di una società che sta cambiando (dopo il ’68), ma anche le miserie di una borghesia destinata negli anni futuri ad implodere sotto il peso della propria ipocrisia e delle proprie inadeguatezze. Se lo svolgersi a flashback rende lineare la vicenda di una donna che ha bisogno di soldi, che trova sulla propria strada una ruffiana scaltra e senza scrupoli, e che infine si pente delle proprie scelte, è interessante notare come questa donna in realtà non compia alcuna scelta, ma semplicemente incarni, implicitamente, il volere di un marito “in carriera”.
La corsa verso il successo, ben rappresentata dalla professione di pubblicitario esercitata da Giorgio (Nino Castelnuovo), permette al regista di rappresentare, attraverso gli incontri sessuali di Paola, tutta una galleria (a dire il vero un po’ troppo macchiettistica) di figure tipiche della società dell’epoca: l’imprenditore di paese, l’onorevole democristiano, l’attore complessato e il procuratore che vigila sul “comune senso del pudore” operando sequestri di riviste pornografiche. Paola diventa così Rossana, un’altra donna che lentamente assume su di sé i caratteri della puttana, sia nel trucco che nel modo di parlare, ma che non diventa mai completamente consapevole della propria femminilità (il continuo coprirsi le sue nudità) e del proprio carattere (il pianto isterico quando viene scoperta e chiamata con il suo vero nome).
Il momento della consapevolezza avviene fuori tempo massimo, solo nel momento in cui non riesce a fare l’amore con il marito. In quel momento, quando prende coscienza della desensibilizzazione indotta dallo “scopare” con estranei, compie l’unica tragica scelta della sua vita. Uccide il marito, che in precedenza le aveva chiesto otto milioni per ripianare un debito, e che la sera precedente le aveva confessato di sapere fin dall’inizio che lei si prostituiva. Il lassismo e la compiacenza di Giorgio sono il risultato della scissione tra lavoro e sentimenti in atto nella società italiana, dove il primo è destinato a superare i secondi come profetizzato dalla ruffiana: “Verrà il giorno in cui il tuo lavoro sarà più importante di ciò che tu rappresenti”.
L’intenzione di Rossati appare quindi quella di tracciare un ritratto a tinte pastello (organizzate dalla fotografia di Franco Delli Colli), ma non per questo meno incisivo, di una classe sociale (quella borghese) sulla strada dello smarrimento a causa del rincorrere un traguardo che non c’è. La felicità illusoria ricercata dalla coppia è inevitabilmente destinata scontarsi con una realtà che non ammette errori e che giudica in base all’apparenza (la boutique con i vestiti) e in cui l’unico risultato possibile (per i deboli e gli indecisi) è la morte.
di Fabrizio Fogliato
BELLA DI GIORNO, MOGLIE DI NOTTE
GENERE: Drammatico
ANNO: 1971
PAESE: Italia
DURATA: 86 Min
REGIA: Nello Rossati
SCENEGGIATURA: Nello Rossati, Franco Daniele
FOTOGRAFIA: Franco Delli Colli
MONTAGGIO: Mauro Bonanni
MUSICHE: Gianfranco Plenizio
PRODUZIONE: PEG CINEMATOGRAFICA
ATTORI: Giulio Baraghini, Ennio Biasciucci, Nino Castelnuovo, Fernando Cerulli, Eva Czemerys, Vincenzo Liberti, Franco Marletta, Carla Mancini, Anna Miserocchi, Renato Panciroli