La società messa a nudo: l’insostenibile leggerezza dell’intimità e l’impossibilità di rappresentare l’orgasmo secondo la visione di Gerard Damiano.
Gli episodi – da I a III
PART I: “The Game”
Un uomo (Jamie Gillis) e una donna (Serena) si ritrovano a casa dopo una giornata di lavoro. L’uomo è un imbianchino intento a finire di dipingere una parete della casa della donna. La donna lo rimprovera per il disordine, lo invita a finire in fretta il lavoro e sale al piano di sopra per farsi un bagno. Dopo un po’ Carl, questo il nome dell’uomo, sale anche lui, bussa alla porta, comunica alla donna di avere finito il lavoro; vede la donna discinta e dopo essersi assicurato che il marito non tornerà fino a sera, la aggredisce brutalmente e la forza ad una fellatio selvaggia. La donna, dopo un attimo di sorpresa si abbandona alle richieste dell’uomo. Dopo una dissolvenza, l’uomo e la donna sono sdraiati su una poltrona, in atteggiamento complice e dolce; attraverso una telefonata ricevuta si rivelano essere marito e moglie.
Gerard Damiano, prende una classica situazione da film porno – la moglie annoiata e l’imbianchino prestante – e la trasforma in una riflessione sull’intimità della coppia. La vicenda è narrata con realismo e naturalezza. L’utilizzo della musica autunnale, dolce e struggente, contrasta (volutamente) con la brutalità del rapporto orale. Così come la masturbazione solitaria della donna con il getto della doccia – che anticipa la fellatio – viene ripresa da Damiano mescolando abilmente eccitazione e tensione, restituendo allo spettatore una sensazione inquietante e disagevole. L’attenzione del regista per la messa in scena è totale come ben dimostra il quadro – con la donna nuda, nel bagno, alle spalle di Serena – vero e proprio duplicato meccanico della donna e del suo desiderio. L’equilibrio iniziale è interrotto dall’intrusione del perturbante freudiano, che altera improvvisamente la formalità del rapporto e in un crescendo emotivo di turbamento, interroga lo spettatore.
Il montaggio alternato tra i genitali dell’uomo e il suo volto (durante la fellatio), unito alle indicazioni che egli dà alla donna, tendono a rappresentare un desiderio maschile, selvaggio e complesso, sostenuto dalla donna che esprime tutta la sua animalità “repressa”; non perversione ma trasgressione quindi, che, però, se inserita all’interno della vita coniugale diventa norma. La dimensione domestica e intima (il bagno di casa) in cui si svolge la sequenza, contribuisce ad acuire quel senso di spaesamento mostrato dai protagonisti e, al contemp,o restituisce la visione di una relazione complice in cui il sesso si trasforma in gioco, e sfugge alle regole del mondo esterno. Poi tutto si ricompone, marito e moglie a letto in atteggiamento tenero e rilassato, il telefono squilla e giunge l’invito a pranzo della madre di lei: l’uomo accetta senza batter ciglio.
PART II: “Goodbye”
James (Richard Bolla [Robert Kerman] – non accreditato) e Louise (Christie Ford – non accreditata), sono seduti attorno ad un tavolo di vetro imbandit, sul quale risalta un mazzo di fiori blu. Il rapporto tra i due è teso. La donna invita l’uomo a dirgli cosa le deve dire, ma l’ui tende a rimandare il momento. All’improvviso, seccata per l’attesa, Louise gli confessa di avere saputo, che egli non tornerà, ma partirà con la sua segretaria Francine. James, sorpreso le racconta che per lui il viaggio è importante e che il lavoro a cui è chiamato potrebbe cambiare la loro vita. Louise esprime tutto il suo disappunto, ma quando James è sul punto di andarsene, lo ferma e lo invita a rimanere. Poi i due si abbandonano ad un tenero amplesso.
Verità e menzogna all’interno del rapporto di coppia. In “Goodbye”, Gerard Damiano affronta il tema delle responsabilità individuali e le conseguenze che le scelte, legate ad esse, comportano. Lo scambio di battute al vetriolo tra i due, prima dell’amplesso è molto significativo. La scena è costruita con l’uomo, sulla destra del quadro, in primo piano a mezza figura con le spalle rivolte alla donna, mentre questa è sullo sfondo in profondità di campo, ad evidenziare tutta la distanza che intercorre tra i due. James: “Non intendevo fartelo sapere così…”, interrotto da Louise: “Beh! In che modo allora… Quando? Prima o dopo aver fatto l’amore, o magari durante…Succhialo bene tesoro, partirò domani e non tornerò più, …ingoialo bene amore…”. Gerard Damiano indugia sui comportamenti maschili, ipocriti e falsi, con i quali, l’uomo, prima prova a sedurre (la tavola imbandita, il vino, i fiori…) e poi, una volta scoperto, si trasforma in vittima. Se la donna non fosse venuta a conoscenza della verità da Francine (non a caso un’altra donna), l’uomo avrebbe consumato l’amplesso e, senza batter ciglio, avrebbe abbandonato la donna senza farle avere più sue notizie.
Il maschio, per Damiano, è un opportunista cinico e spietato, concentrato solo sulla sua performance, sia sessuale che lavorativa. Nella scena che segue la confessione, l’uomo in ginocchio ai piedi della donna afferma: “E’ la mia grande occasione Louise…”, ma la risposta è raggelante: “E io cosa dovrei fare?…aspettare e fare la muffa con le mani tra le gambe?”. La crudezza dei dialoghi del cinema di Gerard Damiano, è lo strumento attraverso cui il regista del Bronx racconta la guerra tra i sessi, riuscendo a dire con i suoi film cose sconvenienti e per nulla concilianti con il pubblico, mantenendo sempre un interessante distacco oggettivo. In questo breve episodio l’apparente levità del tono, è appunto solo tale, come dimostrano sia i dialoghi taglienti, sia la caratterizzazione dei personaggi. Se il maschio è crudele, la donna non è esente da colpe. Louise, infatti, ingenuamente pensa di poter trattenere James concedendogli il suo corpo, ed è incapace di rinunciare all’innamoramento al punto di accettare la sofferenza dell’abbandono.
PART III: “Once upon a time”
Senza parole, solo gesti, mentre la musica del Bolero di Ravel fa da sfondo alla fellatio praticata da una donna, truccata da colomba (Kasey Rodgers), ad un uomo (Eric Edwards) che indossa un lungo mantello nero. Parallelamente, accanto (nella stanza o in un altro tempo), due donne (Paula Pratense e Sue Swan [Susan McBain]) praticano una fellatio ad un inserviente che precedentemente ha acceso le candele. Dopo l’orgasmo, la donna-colomba addenta il collo dell’uomo dal lungo mantello, e quando si alza dal letto nella sua bocca fanno la loro comparsa due sottili canini.
Non c’è differenza tra passato e presente e il sesso attraversa la dimensione reale per confluire in quella del sogno e del desiderio. L’episodio, può essere letto anche come flashback dell’inserviente, desideroso di diventare “padrone” e di essere assecondato nelle sue richieste da ancelle mute e servizievoli. Il Bolero di Maurice Ravel, il suo continuo e progressivo crescendo accompagna l’azione orale delle tre donne; la macchina da presa asseconda i movimenti, inquadra esasperati dettagli del glande e della lingua; il membro dell’uomo si inturgidisce al ritmo degli stacchi raveliani; tutto è finalizzato, attraverso un montaggio ipnotico e ossessivo, alla rappresentazione di una sinfonia sessuale. La fellatio – ossessione del regista – qui si trasforma in rito. Dal trucco, alla vestizione delle ancelle, tutto è mostrato attraverso l’alternarsi di dettagli raffinati ed eleganti, in cui labbra, lobi delle orecchie e sopracciglia diventano elementi erotici imprescindibili mentre le trasparenze dei tessuti conferiscono un aura di mistero e desiderio, pregnante a tutta la messa in scena.
Il finale “vampiresco” è metafora (persino banale) del desiderio: di quel “vampiro nascosto” presente in ogni essere umano e che trova sfogo e cittadinanza visiva attraverso l’azione sessuale; un “vampiro” che si manifesta al culmine dell’orgasmo per approfittare dell’abbandono e dello sfinimento estatico della “vittima”. Gerard Damiano si dimostra qui, un metter-en-scene di alta classe, raffinato e colto, capace di tradurre per immagini tutto l’erotismo e la sensualità del capolavoro di Maurice Ravel.
[Fine seconda parte – Continua]
di Fabrizio Fogliato