L’amicizia virile, l’eroismo silenzioso e l’avventura picaresca. Lo “spaghetti western” secondo Paolo Cavara
Uscito sugli schermi italiani il 29 Marzo 1973 (quindi nel periodo di estinzione del genere) Los Amigos si presenta come un western atipico, frutto di quella contaminazione crepuscolare divisa tra violenza e comicità. Originariamente, il film è destinato ad essere un’opera seria e puntuale sulle gesta del vero Erastus “Deaf” Smith – un personaggio di primo piano nella rivoluzione del Texas avvenuta a cavallo del 1830. Le esigenze della produzione appaiono per. Contrarie alla realizzazione di un prodotto serio (e quindi economicamente rischioso) nel momento in cui il crinale intrapreso dal genere poggia prevalentemente su caratteri comico-picareschi e, così, l’intero impianto narrativo viene via via destrutturato fino alla forma attuale che si regge prevalentemente sul rapporto tra compari: un eroe e la sua spalla. Nonostante queste defezioni strutturali il film – ufficialmente firmato alla sceneggiatura da Oscar Saul e Harry Essex – in realtà fruisce dei contributi (non accreditati) di Augusto Finocchi, Lucia Drudi Demby e dello stesso Paolo Cavara.
“E’ una storia popolare. La storia di un’amicizia. L’amicizia è un tema che mi ha sempre interessato. E’ il modo in cui tentiamo di uscire dalla solitudine. E nel caso di questo film ha come sfondo proprio una condizione di solitudine tremenda. Il personaggio centrale, ispirato ad un personaggio storico eroe della guerra del Messico, Deaf Smith, è sordomuto dalla nascita, cioè condannato ad una solitudine tragica, il silenzio a vita. Forse per questo è diventato eroe, per esprimersi potentemente in una dimensione di oltranza, come nell’impresa raccontata dal film: tentativo quasi disperato di impedire un putsch nazionalistico nel Texas. L’impresa è l’occasione di mettere alla prova l’amicizia. Ears, il giovane compagno di Deaf, crede di essergli indispensabile. In realtà è affascinato da lui, tanto da quanto riceve. Si ha sempre bisogno di chi ha bisogno di noi, voglio dire. L’amicizia è una solidarietà nella lotta, nell’esistenza. Fino a che punto resiste? Fino a che punto riesce a non diventare una strumentalizzazione e una prevaricazione? Sono interrogativi che cerco di porre perchè per me fanno parte di un discorso più largo, il rapporto fra l’uomo e la società” (Paolo Cavara)
Se è vero che è sicuramente Johnny Ears ad avere bisogno del suo eroe, è altrettanto vero che, nel momento di pericolo e di maggior bisogno (fuori dalla miniera) Erastus – senza l’aiuto dell’amico e compare – molto probabilmente sarebbe destinato a fine certa. Los amigos agisce su due registri narrativi alternati, i quali mettono a confronto il carattere picaresco e guascone di Johnny con l’idealismo e il senso di giustizia di Erastus. Da questo connubio emerge un film capace di andare oltre alla retorica di un filone, già ampiamente inflazionato. Un film curioso e sanguigno che – sull’architrave dualistica e manichea della contrapposizione tra amici – è pervaso di inquietudini inspiegate figurativamente declinate sulle dinamiche e sulle impostazioni tipiche del documentario. Nel film si respira un’atmosfera mitica da ballata peckinpahiana in cui sorprende – per efficacia e inventiva – la sequenza della sparatoria all’interno della miniera. L’oscurità del luogo metaforizza quella uditiva che lega lo strano rapporto di amicizia tra i due compari. Erastus – come ogni eroe western – è un solitario. L’eroe può essere incarnato solo da uomini che presentano adeguate caratteristiche (un tempo quelle di principi e cavalieri) come la bellezza, l’intraprendenza, i valori morali le capacità e, ovviamente, la lealtà.
Posto che la bellezza – almeno secondo i canoni tradizionali – non appartiene di certo a Erastus, non si può non notare come il suo handicap si riveli essere sia il punto di forza che guida il suo agire sia una sorta di elemento di riconoscibilità eroica e virile. Nel suo caso l’impossibilitù a comunicare, oltre a diventare un valore, segna distintamente gli snodi narrativi del film e definisce la suspance. Emblematica, a tal proposito la scena – che interrompe l’esplosione programmata – con i bambini che giungono a giocare sulla strada (nel punto in cui deve avvenire l’esplosione). L’amicizia tra Ears e Deaf Smith trova, in questo momento, una nuova e più solida dimensione rispetto al momento precedente in cui l’eroismo solitario di Deaf ha messo a dura prova il sodalizio tra i due. Da questo momento in poi i due, infatti, agiscono letteralmente come la mente (Erastus) e il braccio (Johnny) senza pi. bisogno n. di leggere il labiale n. di guardarsi in faccia per comunicare. E’ come se il dramma sfiorato avesse annullato ogni barriera e fosse servito da strumento per far loro capire che solo con la reciproca collaborazione avrebbero potuto avere la meglio sul generale Morton.
A suggellare questa dimensione concorre anche il non-duello finale – altro elemento di scardinamento di un genere troppo stereotipato (per la visione di Paolo Cavara) – in cui nel silenzio imposto dalla situazione l’attesa . giocata sul raccordo di sguardo (e di reciproca intesa) tra Erastus e Johnny, prima che l’eroe – senza pensarci su troppo – freddi il suo avversario (opportunamente e correttamente riarmato). Nella struttura narrativa di Los Amigos il disabile . eletto ad eroe, scelta che non . dettata tanto dalla condizione di apparente inferiorità del personaggio, quanto dalla necessità e volontà di farlo interprete (non convenzionale) dell’esercizio della giustizia. Lo spaghetti western ha conosciuto altri eroi disabili tra i quali emergono sicuramente il pistolero cieco di Blindman (1971) di Ferdinando Baldi e il protagonista muto de Il grande silenzio (1968) di Sergio Corbucci, ma l’Erastus di Los Amigos – oltre a essere personaggio storico – è sicuramente anche, rappresentazione metaforica di un’ideale molto alto come . quello della giustizia. Non a caso egli . prima colui che pone Esther (la moglie del generale Morton) di fronte agli esiti del massacro della sua famiglia per farle prendere consapevolezza della malvagità di suo marito, poi nel finale, . lui stesso a prendere voce attraverso le raffiche della Gatling Gun.
Nel film, c’è un evidente legame tra il massacro iniziale – con cui viene sconvolta la tranquillità della famiglia McDonald – e quello finale all’interno del fortino: una sorta di rapporto tra causa ed effetto messo in atto attraverso una vendetta (che . tale solo apparentemente) che nasconde l’esercizio della giustizia e la difesa dei pi. deboli. La mitragliatrice (e il suo rumore), dunque, diventano urla di giustizia da parte di Erastus, come dimostra il fatto che solo lui riesca a far funzionare la macchina, mentre, precedentemente, Johnny non è stato in grado di sparare neanche un colpo.
Johnny è, come si definisce lui stesso, “poca roba”, è un uomo più interessato alle donne che all’azione, incapace di ragionare lucidamente in virtù di un atteggiamento impulsivo e puerile. Di fronte a qualunque difficolt. non trova niente di meglio da fare che sbraitare il suo disappunto. In base alle norme di virilità il regista scrive la sintassi delle relazioni di genere stabilendo chi è eroe e chi il comprimario. Johnny, quindi, non può fare altro che la spalla in base ad una gerarchia nazionale definita in base a termini dirazza e di etnia. Egli, pertanto, non avendo le caratteristiche adeguate per essere protagonista è obbligato ad accantonare ogni velleità di concretezza in favore della sola possibilità di sognare.
Los amigos, nel rispetto dei codici spaziali del genere, inserisce alcuni elementi anticonvenzionali per non dire bizzarri. . interessante soffermarsi, ad esempio, sulla figura del prete/pastore: una sorta di politicante invasato la cui dottrina . finalizzata al mantenimento della purezza della razza texana. Un pastore che non è mai in Chiesa ma sempre in mezzo alla piazza, che arringa ferocemente la folla o che gestisce la sepoltura della famiglia McDonald dopo il massacro di cui è stato silenzioso partecipe. Un pastore che non guida il suo gregge ma lo frusta, con gli occhi spiritati, con una dialettica violenta e fascista, pervasa da un moralismo becero e ipocrita, e con un agire che è più simile a quello di un boia piuttosto che a quello di una guida spirituale. Nel film egli sembra essere una creatura infernale, una sorta di demiurgo diabolico in grado di plagiare e condizionare l’intera comunità. E’ altresì singolare il fatto che la sua morte avvenga per mano di Erastus nel silenzio più assoluto di una camera del bordello – quasi una sorta di ironica messa in scena della pena del contrappasso. Un altro aspetto – poco convenzionale per lo spaghetti western – è l’attenzione alla definizione della suspance e alla creazione del climax come nella scena del tentato omicidio di Erastus nella camera del saloon dove i tempi di montaggio sono quelli del thriller. Nella lunga sequenza del massacro finale – in cui l’alternarsi tra oggettive e soggettive fa decisamente riferimento ad un’azione mostrata da lontano, seminascosta tra gli elementi della messa in scena, ripresa come in presa diretta – voci e rumori ambientali assumono il valore di metronomo dei tempi dell’azione. Basta notare l’utilizzo del sonoro che viene fatto con la giarrettiera con i campanellini che annuncia la presenza di Erastus all’interno del fortino: egli è sordomuto e pertanto non può sentirla, ma lo spettatore si.
Nell’indagare il film di Paolo Cavara si avverte la voglia di inserire il discorso sull’eroismo e sull’amicizia virile all’interno della grande tradizione del western americano. Rimane tra i fotogrammi di Los amigos la sensazione di film mancato, nel senso che i due grandi temi dell’eroismo e dell’amicizia virile – a cui ne va aggiunto un terzo, quello dell’erotismo – sono appena abbozzati nell’esito finale del film. In particolare un film come Warlock (Ultima notte a Warlock. 1959) di Edward Dmytrick – nel suo essere esempio di western psicologico – per il regi- sta bolognese risulta essere qualcosa di più di una semplice fonte di ispirazione. Non solo per la presenza di Anthony Quinn ma soprattutto per le dinamiche che regolano l’amicizia virile con Henry Fonda (al limite dell’omosessualità). Il film di Dmytrick nel mettere in scena un personaggio eroe e uno spalla agisce da modello di riferimento per il rapporto tra Erastus e Johnny di Los amigos. Anche in Warlock Tom Gordon (interpretato da Quinn) è un disabile – in questo caso uno storpio) così come Clay Blaysedell (Fonda) nella sua ricerca di normalità si spinge fino al limite del matrimonio.
I due sono destinati a separarsi: Gordon muore e Blaysedell rinuncia al suo mandato, alla vita coniugale e si allontana, a cavallo, dal villaggio come un eroe solitario. Paolo Cavara per la sua idea di spaghetti western non guarda tanto al modello italiano di riferimento bensì la sua è una ricerca di contaminazione tra la deriva picaresca e il passato glorioso del super genere di cui riprende, rivisitandoli, i due topoi cardine. Se Erastus giunge nel villaggio con il compito di esercitare la giustizia legale e riportare l’ordine, il suo personaggio rappresenta – anche fisicamente – i tratti eroici dell’invincibile (è quasi come se l’handicap rappresentasse una sorta di aura protettiva); Clay Blaysedell in Warlock ha pressapoco lo stesso compito ma egli agisce al di fuori della legalità (viene nominato sceriffo per acclamazione) e il suo eroismo si manifesta più nel mito materiale delle pistole dal calcio d’oro che nella reale volontà di giustizia. In Los amigos Erastus è quello brutto e disabile e Johnny quello bello e agile, stessa situazione di Warlock in cui Tom è brutto e storpio mentre Clay è bello ed elegante. Non a caso – soprattutto negli ultimi venti minuti di Warlock – si ritrova lo stesso schema di Los amigos in cui l’eroe ha bisogno della sua spalla e questa riconosce che senza il “suo” eroe non è niente, probabilmente non esisterebbe neanche.
di Fabrizio Fogliato