Eros & Thanatos: Il paradigma ermeneutico di una società arcaica
Purif è incarnazione pura e primordiale di Eros[1] – dimensione che la condanna ad essere vilipesa, martirizzata, sepolta viva e uccisa dall’uomo che ama: azione inevitabile, quella di Antonio, perché ormai incapace di opporre resistenza alla donna che diventa minaccia alla sua rispettabilità e al suo equilibrio. Purif, dalla comunità, è stigmatizzata come una strega voluttuosa di cui gli uomini possono servirsi a loro piacimento per sfogare la loro eccitazione attraverso la violenza e lo stupro.[2]
Appare illuminante la traduzione per immagini del titolo del film: “il demonio” – rigorosamente minuscolo – non è né il diavolo né controparte religiosa, bensì il paradigma di una società che uccide chiunque sia diverso e non rientri nel rispetto di regole condivise. Per Rondi la diversità è un valore, l’anomalia del singolo è sinonimo di libertà, coerenza e purezza che si oppone ad una collettività psicotica e tradizionale (nell’accezione negativa di mantenimento di uno status quo). Per rappresentare al meglio questa “visione negata” che assume valore politico, Brunello Rondi insiste sulla rappresentazione simbolica di ogni azione compiuta – richiamando un tema a lui caro come quello della natura (pietre, alberi, aria, fuoco…) – materializzando il sacro in un’atmosfera pervasa da forze magiche che si confondono con un devozionismo arcaico e pagano. Tale discorso è spinto fino alle estreme conseguenze attraverso il personaggio di Zì Giuseppe, il maciaro che assurge al ruolo di uomo-dio attraverso il rimescolamento di potere magico e divino per estirpare il malocchio e la fattura. Zì Giuseppe rappresenta il depositario della conoscenza degli antenati; egli si pone come un essere superiore che vigila sulla comunità, lenisce il dolore e guarisce dalla malattia. Dietro l’apparenza di salvatore di anime si nasconde, in realtà – così è anche nella realtà etnologica – un maciaro che agisce con una ritualità viscida e blasfema finalizzata ad approfittare sessualmente di coloro che gli vengono portati in cura.[3]
Una volta che la famiglia porta Purif da Zì Giuseppe questi inizia una serie di pratiche magiche sempre più intrusive sul corpo della donna.[4] Nel suo ruolo di maciaro/guaritore Zì Giuseppe è necessario alla comunità cui garantisce certezze e prosperità in cambio del riconoscimento del suo essere superiore a cui tutto viene concesso (compresi la violenza e l’abuso). Opportunamente, Brunello Rondi, fa seguire a questo esorcismo pagano quello cattolico – definendo così un sincretismo provocatorio in merito alla riproducibilità del sacro. L’esorcismo in chiesa è caratterizzato da un registro parodistico che evidenzia come neanche il prete stesso creda nella riuscita del rito. Brunello Rondi vuole evidenziare come la possessione di Purif sia solo quella di vivere/essere Eros libero e totalizzante in cui è la comunità – di cui il prete è pastore e guida – che vuole vedervi la presenza del demonio.
di Fabrizio Fogliato ©
[1] Antonio – che già ha condiviso con lei l’amplesso – nell’allontanarla le dice: “Voglio dei figli sani, benedetti… non una sporca cagna che grida la notte”.
[2] Non a caso nel suo fuggire durante la notte Purif incontra un pastore che prima la incapretta e poi la violenta. Nell’agire muto e meccanico dell’uomo si intravede – da parte di Rondi – la volontà di eleggere il pastore ad archetipo maschile misogino e dominatore che vede in Purif (e nella sua libertà) solo l’ “indemoniata” da possedere per soddisfare il suo piacere ma, subito dopo, da annientare per mantenere la sua onorabilità
[3] Questo è uno stralcio di una testimonianza – reticente e sibillina – di una giovane donna raccolta da Ernesto de Martino ad Albano (PZ): “Per indovinare quanto tempo una donna deve vivere zio Giuseppe le mette una carta in petto e poi se la riprende. Mi hanno detto che qualche volta mette pure la mano sotto. Un’altra volta una donna aveva una fattura e zio Giuseppe la tenne 99 giorni a casa sua… ma non so quello che faceva per curarla…” [Ernesto De Martino, Op. Cit., pag 85]
[4] Dopo averle deposto una carta sul seno le dice: “Non basta figlia. Tu hai il tuo male nascosto e lo stringi forte. Non me lo lasci vedere e io… dovrò fare altro”. Con questa scusa prima le infila una mano sotto la gonna poi la fa sdraiare su una pelle di capra (richiamo demoniaco) e la possiede sessualmente.