Il fallo armato e le corrispondenze buñueliane
Nicodemo Oliverio scrive la sceneggiatura per episodi, in funzione del fatto che la protagonista principale è muta e che, soprattutto, gli altri personaggi servono solo da contorno – visto che sono (volutamente) poco più che macchiette che non hanno nulla da dire. Ferrara, utilizza, in parte, la stessa tecnica del film precedente – sia nel concentrare in una scena di accumulo gran parte degli omicidi di Thana, sia nel riprendere le scene tra la folla della 5a Avenue (in cui passeggiano Thana e il fotografo) attraverso l’utilizzo della hidden camera. Nonostante le continue negazioni da parte di Abel Ferrara, non si può prescindere dal notare come il film sia influenzato dalle teorie femministe, secondo cui lo stupro è solo l’espressione più diretta dell’aggressività del maschio all’interno di ogni relazione eterosessuale, e secondo cui, quindi, tutti gli uomini sono colpevoli e punibili con la morte: non a caso Thana rivolge le sue attenzioni omicide anche verso innocenti la cui unica colpa sembra essere quella di appartenere al genere maschile – così come il primo stupro si conclude con la frase, intimata all’orecchio dal violentatore: “Devo fare presto, ma tornerò perché ti piace, ti aspetterò io…e ti piacerà ancora, ti piacerà..”.
Inoltre, dopo il primo omicidio, lo sguardo di Thana è continuamente catturato dalla visione di attività sessuali di vario genere: l’amplesso nell’ufficio di fronte alla sartoria, il bacio del cinese alla fidanzata, l’atteggiamento del fotografo al Brew Burger, notato da Laurie grazie allo sguardo fisso della stessa Thana…; così come la potenza fallica prende forma attraverso la pistola di Thana: nelle sue mani diventa lo strumento per dare voce alla frustrazione e per comunicare (senza mezzi termini) il suo pensiero sull’universo maschile. La donna si erge a portavoce ingenua (nel finale viene “tradita” da una “sorella”) del pensiero femminile.
Non si può non notare come la parabola di Thana, corrisponda nei termini (ma non negli eventi) a quella di Susana nel film omonimo (Adolescenza torbida, 1950) di Luis Buñuel. Susana, come Thana è priva di cognome, è straniera, e giunge nella famiglia di Guadalupe come una creatura innocente e spaurita (Jesus, la trasporta in casa e Buñuel inquadra la scena come fosse la pietà di Michelangelo), durante una notte di temporale, in cui solo Feliza, la vecchia domestica, legge la verità sul volto (un primo piano da dietro i vetri rigati d’acqua) di Susana : “E’ il diavolo!” (anche la Sig.ra Nasoni usa espressioni simili nei confronti di Thana).
Susana, non ha bisogno di pistole, lei usa il corpo come arma di distruzione dei maschi, mettendoli, dapprima uno contro l’altro e in un secondo tempo contro le loro donne, prima della risoluzione finale in cui una “sorella” (Carmen, la moglie di Guadalupe) si ribella e la frusta a sangue (in una scena che per intensità non ha nulla da invidiare agli omicidi di Thana). Al suo arrivo nella fazenda, Susana viene importunata dai peones e dai rancheros, allo stesso modo in cui Thana viene fatta oggetto di sguaiate attenzioni sessuali dai “vitelloni” della 5a avenue. La scena iniziale in carcere con pipistrelli, topi e ragni – di cui uno attraversa le ombre delle sbarre a forma di croce mentre Susana prega in ginocchio – non può non rimandare al finale “psichedelico e gotico” di Ms. 45.