I LIBRI DI INLAND #6
Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano
di Fabrizio Fogliato con prefazione di Romolo Guerrieri
Bietti Edizioni, 2022
Introduzione – Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano
Mettendo in relazione l’oggetto (la realtà), l’agente secondo (il film) e il terzo (lo spettatore) si comprende come l’analisi intertestuale e multidisciplinare di una pellicola sia utile per svelare le disposizioni psicologiche, predominanti in un circoscritto periodo storico; il cinema traduce e divulga l’incomprensibile attraverso la componente unheimlich declinata al macabro, al criminale, al morboso e all’inconoscibile.
Sotto questo aspetto il cinema di genere risulta ulteriormente pregnante ed efficace – al di là delle volontà di registi e sceneggiatori – perché riflette, limpidamente, inclinazioni psicologiche presenti nell’inconscio collettivo: proiezione esterna di esigenze interiori che ‒ attraverso il dato aggregato rappresentato da convergenze tematiche, epigoni, filoni – produce veri e propri paradigmi esegetici che consentono di rivelare la vita interiore della nazione da cui scaturisce.
Il cinema criminale racconta il ripiegamento della popolazione italiana che, progressivamente, rivede – in termini di fiducia e di affidabilità – il suo rapporto con le istituzioni distorcendolo e incardinandolo su due fattori: la percezione della paura individuale e collettiva; la sfiducia nell’autorità che reputa incapace o inadatta a lenire le sue angosce. Ne consegue che tale dimensione psicologica che alligna nell’animo collettivo trasfigura la forza e l’autorevolezza dell’autorità nella rappresentazione iperrealistica e allucinata dell’uomo forte: il «superuomo di massa» sistematizzato da Umberto Eco, risolutore e restauratore dell’ordine. Parallelamente, il «verosimile filmico», definito da Galvano della Volpe, consente di leggere – mediante la riflessione sul rapporto realtà/finzione e la geometrizzazione documentaristica dello spazio – le visioni che prorompono dagli impulsi sotterranei che albergano nella vita di un popolo.
Dall’insieme degli itinerari tracciati emerge come nella società italiana prevalga l’arbitrio sulla norma e come la piaga di una morale ipocrita legittimi la deriva perversa della violenza: sia come mezzo che consente appropriazione indebita (il furto e l’aggressione, l’orgia come istituzione, la prostituzione come metronomo del rapporto uomo/donna, l’avidità come unico movente pratico ed emotivo delle relazioni sociali), sia come barriera, argine a difesa della proprietà e della persona. I personaggi del cinema criminale sono incapaci di sublimare istinti primari e impulsi devianti perché vivono in un contesto, dominato da stimoli materiali e sensazioni fisiche (la ricerca del piacere), che alimenta ciechi bisogni predatori e porta a vedere nell’altro il nemico da eliminare per potere sopravvivere.