I LIBRI DI INLAND #6
Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano
di Fabrizio Fogliato con prefazione di Romolo Guerrieri
Bietti Edizioni, 2022

Itinerario n.02: ritorno: L’età dell’oro (stralci)

Se la città è una giungla in cui, con le unghie e con i denti, si cerca di arraffare un po’ di felicità, è nel deserto delle periferie che matura una trasformazione demografica destinata, proprio all’alba degli anni Cinquanta, a porre le condizioni affinché l’atavica rabbia (covata, repressa) generata dalla miseria si mescoli – in un combinato disposto i cui effetti distruttivi matureranno nel lungo periodo – con quella “nuova”, generata da una convivenza forzata e imprevista che amplifica disagio e malessere abitativo nelle periferie producendo crisi di identità degli abitanti.

Negli anni del dopoguerra gli italiani cominciano a spostarsi lungo tutta la penisola. In poco più di un decennio si effettuano oltre 24 milioni di trasferimenti e cambi di residenza. Non si tratta solo di spostamenti regolari o di migrazioni produttive, ma anche di tramutamenti clandestini che si vanno ad aggiungere al numero cospicuo di sfollati bellici, sradicati di per sé. Come rileva Luca Gorgolini, le modalità di questa trasmigrazione sono ascrivibili tanto al bisogno quanto alla presenza di una vetusta legge fascista (abrogata nel 1961) che limita la regolare circolazione delle persone in Italia.

Occorre, infatti, non dimenticare che molti furono coloro che, per diverse ragioni, seguirono i canali dell’emigrazione clandestina o di quella irregolare. […] La legge fascista approvata nel 1939 e finalizzata a bloccare il fenomeno dell’urbanesimo proibiva il cambio di residenza per chiunque non fosse in grado di dimostrare di avere un’occupazione regolare nel luogo di destinazione e, contemporaneamente, vietava ad aziende pubbliche e private di assumere individui che non fossero in possesso della residenza nello stesso comune in cui si trovava il luogo di lavoro18.

Il rimescolamento dell’intera popolazione italiana è destinato a cambiare per sempre la demografia e la cultura del Paese. La migrazione irregolare non è il solo fattore negativo a incidere su questo cambiamento: si aggiunge il pregiudizio che alligna nei cittadini del Nord19, i quali vivono la migrazione come una vera e propria invasione, proiettando sui nuovi venuti lo stigma di “nemico”.

Accanto alla repressione, il meccanismo difensivo più frequentemente adottato è la proiezione, attraverso il quale si individua ciò che ha di per sé un valore negativo – nel nostro caso l’aggressività – negli altri anziché in se stessi. Gli altri vengono giudicati aggressivi e pronti ad attaccare, anche se – e, spesso, soprattutto quando – non è così. Friederick Hacker riassume così: «l’inganno più efficace del demonio è far credere che non esiste e, se esiste, è negli altri e non in noi stessi»20.

Per saperne di più:

www.conlarabbia.it

di Fabrizio Fogliato ©

19 Sui portoni dei palazzi posti lungo le vie del centro di Torino, allora capitale industriale d’Italia, numerosi erano i cartelli che riportavano la scritta «Non si affitta ai meridionali» o, più ipocritamente, «Non si affitta a famiglie con più di due bambini». Gli immigrati provenienti dal Meridione erano, quotidianamente, oggetto di appellativi offensivi quali “terroni”, “Napoli balurd”, e così via: cfr. Gorgolini L., op. cit., p. 34.

20 Dahlke R., Aggressione come scelta, Mediterranee, Roma 2004, p. 104.

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