The Funhouse e metamorfosi: carnevale, ultimo atto
Il primo segno di cambiamento è mostrato, fuggevolmente, attraverso l’inquadratura degli stivali ai piedi di Thana una volta uscita dall’ufficio di Albert; il primo omicidio “cercato” è quello del fotografo di moda, ripreso da Ferrara con una serie di stacchi velocissimi e brutali coincidenti con i colpi sparati dalla donna: pistola tesa davanti a lei, impugnata con due mani e sulla stessa direttrice della bocca, come a sancire la sovrapposizione tra proiettili e parole.
La trasformazione di Than (a differenza di quella di Carol) segue coordinate batailliane, unisce la trascendenza con la prassi, la blasfemia con la seduzione. Come sempre in Ferrara, il sacro attrae e ripugna allo stesso tempo, e Thana – come il Reno di The Driller killer – è destinata a non trovare la redenzione, ma anzi, in un finale beffardo, andrà incontro alla sua nemesi sia come suora sacrilega, sia come donna. Ciò che nella tentazione ossessione il religioso, è quello di cui ha paura. È nel desiderio di morire a se stesso che si traduce la sua aspirazione alla vita divina; ha così inizio una trasformazione perpetua in cui ogni elemento si muta nel suo contrario.[1]
Thana dunque, sartina muta e pudica, diventa suora sensuale e omicida. Questo processo è innescato dal secondo stupro, momento in cui il Male è “penetrato” dentro di lei (attraverso lo sperma dell’uomo), e in cui la donna, a partire da quel momento, non può evitare né di subirlo né di perpetrarlo. Nel finale del film, il Male prende forma “sacra” attraverso la maschera di Thana vestita da suora sexy. Abel Ferrara mette in scena una sorta di comunione blasfema attraverso il rituale di Thana che bacia le pallottole prima di inserirle nel caricatore.
Il primo piano della suora, è seguito da un’inquadratura mezza figura in cui Thana si porta la mano alla bocca come a sottolineare la sua afonia e, in sequenza, prova davanti allo specchio le dinamiche della strage che sta per compiere (qui Ferrara replica la scena dello specchio di Taxi Driver). La sequenza si chiude con Thana che si alza in piedi, mostrando integralmente il suo sexy abbigliamento, tende la pistola davanti a lei impugnandola con due mani e sulla stessa direttrice della bocca, e la rivolge verso gli spettatori; poi uno stacco repentino introduce la festa in maschera dai caratteri gotici e orrorifici.
Quella finale, è una sequenza, in cui Abel Ferrara mette in scena la parodia del Luna Park, attingendo a piene mani tanto dall’immaginario di Edgar Allan Poe, quanto dalla tradizione horror del cinema americano per rendere, una sorta di omaggio psichedelico a La règle du joux (La regola del gioco, 1939) di Jean Renoir, sostituendo, come simbolo di morte, la suora allo scheletro. La dance macabre di Ferrara, è costruita su un registro ammiccante e grottesco, in cui le maschere diventano caricature degli inconsistenti personaggi di contorno che popolano il film (e come nel film di Renoir una sfilata della società), e in cui è possibile intravedere tutta una serie di figure tipiche (nel bene e nel male) dell’immaginario americano: il cow-boy, la palla da baseball, il gangster, il giocatore di football, il finto gay e il clown.
La festa, che fino ad un certo punto altro non è che un baccanale volgare e sguaiato, dopo il primo colpo sparato da Thana assume i crismi di una messa funebre con tanto di organo in sottofondo mescolato a grida e ululati. Così come in The Funhouse (Il tunnel dell’orrore, 1980) di Tobe Hooper, il luna-park da luogo di svago e divertimento diventa luogo di morte dove il “mostruoso” emerge di notte nel sottosuolo a minare la sicurezza della provincia americana, così in Ms.45 il “mostruoso” viene generato e alimentato da una festa ambigua e perversa annullando la sicurezza dei suoi partecipanti. Sicurezza che nel film di Ferrara, viene meno con l’inizio della mattanza da parte di Thana.
[1] George Bataille, L’Erotismo, SE Milano, 1997, p.215