In “Italia: Ultimo Atto. L’altro cinema italiano – Vol. 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri” di Fabrizio Fogliato

Le traversie produttive, gli aneddoti e l’analisi comparata tra la sceneggiatura originale di Pier Paolo Pasolini e il film Milano nera di Gian Rocco e Pino Serpi.

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L’argomento non è nuovo per Pasolini: i teddy boys sono al centro di una sua precedente collaborazione (estemporanea) con Elio Petri e Tommaso Chiaretti per la realizzazione del film Le notti dei teddy boys (1961) di Leopoldo Savona. Il suo pensiero in merito ai giovani in questione è presso ché lapidario e non ammette repliche. Il poeta sostiene, in sintesi, che sono i figli di “Un paternalismo sciocco e di una presunzione pedagogica” e che le responsabilità sono quelle di padri assenti e accecati dal benessere e dal carrierismo. La risposta dei figli, ovviamente, non può essere né ordinata né critica, ma solo anarchica e brutale come sfogo all’insofferenza e all’incattivimento di una società che non cerca neanche di capirli ma che li etichetta come reazionari e crudeli e in netto contrasto con la morale vigente. Quindi i teddy boys italiani – mutuati dal modello nordico e d’oltremanica – altro non sono che il prodotto (vittima) della società che li ha partoriti e, pertanto, il simbolo di una omologazione “fascista” che ha origine dalla borghesia e che produce figli selvaggi, superficiali e sadici nel loro comportamento. In Italia è la “Banda Casaroli” e il suo capo Paolo ex-militante della Xa Mas a imporre l’appellativo teddy boys che poco per volta si allarga a descrivere un tipo di delinquenza post-adolescenziale di stampo metropolitano. Ai teddy boys, progressivamente, si associano l’esplodere degli “urlatori” musicali e la contiguità con il rock ‘n’ roll – al punto che nella sceneggiatura originale di Pasolini compare un passaggio in cui uno dei personaggi canta alcuni versi di “Teddy girl” di Adriano Celentano e lo stesso poeta-regista pensa ad un coinvolgimento diretto dell’“urlatore” milanese nella pellicola in via di definizione.

di Fabrizio Fogliato

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Italia: ultimo Atto. L’altro cinema italiano , edito da Il Foglio, è un romanzo-saggio che, per la prima volta, tra inediti, interviste e testimonianze, racconta il cinema italiano dal punto di vista del cittadino medio, quello che nel corso della storia italiana, diventa “spettatore”, qui identificato come guida. Il Virgilio di un “viaggio infernale” tra i serpenti di celluloide di un cinema e di una storia mai raccontati. Documenti inediti, interviste e testimonianze di una “contro-storia” del Cinema Italiano. Un cinema italiano, nascosto, rimosso, sottaciuto e bandito che diventa cartina di tornasole del “Paese reale”. Sole (1928) di Alessandro Blasetti, Rotaie (1929) di Mario Camerini, La peccatrice (1940) di Amleto Palermi, Tombolo paradiso nero (1947) di Giorgio Ferroni, La strada buia (1950) di Marino Girolami e Sidney Salkow, L’inferno addosso (1959) di Gianni Vernuccio, Milano nera (1962) di Rocco & Serpi, La cuccagna (1962) di Luciano Salce, Silvia e L’amore (1968) di Sergio Bergonzelli, Top Sensation (1969) di Ottavio Alessi, Le salamandre (1968) di Aberto Cavallone, Morire gratis (1968) di Sandro Franchina, Delitto al circolo del tennis (1969) di Franco Rossetti, Vergogna schifosi!… (1969) di Mauro Severino, Flashback (1968) di Raffaele Andreassi…. E tantissimi altri titoli ….da (ri)scoprire….E per la prima volta l’analisi completa della figura e del cinema di Massimo Pirri.

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