Autore

Fabrizio Fogliato

Browsing

WILLIAM FRIEDKIN’S “RAMPAGE” (ASSASINO SENZA COLPA?) – Parte Seconda

180 secondi per morire: La vita di un essere umano innocente vale di più di quella di un pluriomicida?

Rampage è un film che letteralmente prende le distanze dallo spettatore. Quella di Friedkin è una messa in scena glaciale, anti-empatica. Lo sguardo del regista è oggettivo al fine di proporre allo spettatore un film in cui non è possibile nessun coinvolgimento emotivo ma solo una visione distaccata (e pertanto critica) degli eventi mostrati. In Rampage non c’è nessun intento introspettivo né tanto meno esornativo, ciò che conta è il non-luogo dello spazio persistente tra due opposti. William Friedkin impernia la costruzione filmica e narrativa su un tema ben preciso quello della linea di confine: una linea di demarcazione che separa il Bene dal Male, la giustizia dall’ingiustizia, la vita dalla morte, i dubbi dalle certezze, ma che trova la sua ricomposizione nella ritualità degli eventi per poi distaccarsi nuovamente e definitivamente nel racconto della scissione del comportamento umano diviso tra istinto e ragione, animalità e umanità. A tal proposito l’inizio appare programmatico, la lunga panoramica aerea che scende fino ad inquadrare Charles Reece in cammino sulla strada, pone lo spettatore davanti alla visione di una linea prima “invisibile”, e poi sempre più visibile fino all’identificazione con la strada, immersa e “nascosta” tra la continuità dei campi coltivati. La separazione, come indice di contrapposizione, ma anche come luogo fisico e non-luogo mentale, in cui il film si incunea nelle sue contraddizioni e ambiguità con l’intento dichiarato (sin dai primi fotogrammi) di non offrire allo spettatore nessun appiglio e di non concedere nessuna risposta.

WILLIAM FRIEDKIN’S “RAMPAGE” (ASSASSINO SENZA COLPA? – 1987) – Parte Prima

La ritualità dell’omicidio e l’anatomia di un serial-killer

Rampage è il film dimenticato di William Friedkin. La scarsa circolazione e le vicende produttive legate alla sua realizzazione, hanno contribuito sia a diminuirne l’impatto critico che a renderlo un oggetto misconosciuto e tutt’oggi (quasi) invisibile. Nel 1986, il regista di Chicago sta lavorando alla stesura di un copione per un film per la televisione via cavo quando, si imbatte in un romanzo che suscita il suo improvviso interesse. William P. Wood, autore del libro in questione è stato procuratore distrettuale nella città di Sacramento, dove si è specializzato nella risoluzione di casi di omicidio plurimo. Nel suo libro, l’autore, traccia sotto forma di resoconto cronachistico (seppur con ampie immissioni di fiction) le vicende di un serial killer che agisce nella cittadina Californiana sul finire degli anni ’70.

PAOLO CAVARA – GLI OCCHI CHE RACCONTANO IL MONDO

“Paolo Cavara – Gli occhi che raccontano il mondo”… di prossima pubblicazione (4)

 

E’ in arrivo la prima biografia/monografia dedicata al regista Paolo Cavara.

“Paolo Cavara – Gli occhi che raccontano il mondo” è un libro ricco di documenti inediti e che si avvale del prezioso contributo del figlio del regista Pietro Cavara.

Al suo interno anche i soggetti integrali di Mondo Cane (1962) e de I Malamondo (1964)…e tutti i lavori inediti del regista, alcuni dei quali scoprirete nei prossimi post che ci guideranno verso la pubblicazione del volume.  Seguiteci su questo blog!

L’OCCHIO SELVAGGIO (1967)

a seguire tutto quello che c’è da sapere……

A FOOL THERE WAS (1915) di Frank Powell

Vamp, Femme Fatale …Vampira: la prima della storia del cinema

A Fool There Was (id., 1915) di Frank Powell, è forse (molti film della Silent Era sono andati perduti) il primo film che affronta la figura del vampiro. Lo fa da un punto di vista “realistico”, quello della seduzione e della dipendenza che l’essere perverso instilla nelle sue vittime “inconsapevoli”. La dinamiche è duplice, da un lato quella della caccia, una pericolosa partita che si “gioca” tra inseguitore e inseguito, e dall’altra quella della partita a scacchi, in cui alle mosse del vampiro corrispondono gli errori della vittima. Non si tratta di vampiri in stile Nosferatu o Dracula, bensì dell’idea di vampiro-umano, quello che non sembra tale, ma che è rappresentato come una figura articolata del desiderio e che come tale si dissimula nelle pieghe della quotidianità. Quella di A Fool There Was è una donna-vampiro, una donna (volutamente) senza nome, ma anche senza né passato né futuro (che agisce solo in un presente necrofilo che è sempre tale), che possiede un potere destabilizzante e letale nei confronti della fragilità maschile.

PAOLO CAVARA – GLI OCCHI CHE RACCONTANO IL MONDO

“Paolo Cavara – Gli occhi che raccontano il mondo”… di prossima pubblicazione (3)

 

E’ in arrivo la prima biografia/monografia dedicata al regista Paolo Cavara.

“Paolo Cavara – Gli occhi che raccontano il mondo” è un libro ricco di documenti inediti e che si avvale del prezioso contributo del figlio del regista Pietro Cavara.

Al suo interno anche interviste e  testimonianze con Paolo Cavara, Gianni Cavina, Roberto Lerici …e altri che scoprirete nei prossimi post che ci guideranno verso la pubblicazione del volume.  Seguiteci su questo blog!

Nel libro il soggetto originale e integrale de I MALAMONDO

L’esperienza di Mondo Cane, nel bene come nel male, è decisamente stata molto utile a Paolo Cavara, in quanto ne ha definito sia le ambizioni che il rafforzamento della sua etica morale. Quello che in parte non gli è riuscito durante il periodo di convivenza artistica con Jacopetti e Prosperi, trova compimento con I malamondo (1964), studio puntuale e mirato sui giovani europei nati e cresciuti dopo la guerra: i figli dell’era atomica. Niente di meglio che le parole dello stesso regista per definire i contorni dentro i quali si sviluppa il progetto del film: 

DIE KLAVIERSPIELERIN (LA PIANISTE – 2001) di Michael Haneke

Lo sguardo, la malattia, la normalità e il sorriso della iena

Michael Haneke presenta al festival di Cannes 2001 il suo adattamento cinematografico di Die Klavierspielerin (La pianista), romanzo scritto nel 1983 dal premio nobel per la letteratura Elfriede Jelinek. Oltre alla nazionalità austriaca, entrambi gli artisti hanno in comune una visione fredda e senza speranza della società in cui vivono. Elfriede Jelinek è una scrittrice austriaca scomoda e irriverente, combattuta soprattutto dalla FPO di Jorg Haider per i suoi temi e le sue opinioni spesso provocatorie e critiche nei confronti della nazione austriaca. Il suo romanzo Die Klavierspielerin, presenta una struttura compatta e allo stesso tempo discontinua e particolare. La prima parte incentrata sulle dinamiche familiari e sul rapporto simbiotico madre-figlia è interrotta da frequenti incursioni nell’infanzia di Erika in cui emblematicamente la protagonista non è mai chiamata con il suo nome ma diviene oggetto identificabile attraverso il pronome LEI. La seconda parte del romanzo è più classica e più sfrangiata e segue la tormentata storia di amore tra Erika e Walter. Haneke de-struttura l’opera della Jelinek, cancella i riferimenti al passato e alla gioventù di Erika e fa sostanzialmente cominciare la vicenda dall’incontro dell’insegnante con il giovane Klemmer (questi nel romanzo è già un suo allievo).

BEHIND THE GREEN DOOR (1972) dei Mitchell Bros.

Dietro la porta verde, il mito, il sogno e la disillusione

Behind the green door, è stato il primo lungometraggio hard-core ampiamente distribuito negli Stati Uniti. Il film è l’adattamento di un anonimo racconto omonimo, ispirato ad una leggenda metropolitana, che prende il titolo da “The Green door”, hit del 1956, e che all’epoca venne distribuito attraverso numerose copie carbone. Insieme a Deep Throat (Gola Profonda, 1972), quello dei Mitchell Bros., è il film che ha aperto la “Golden Age of Porn”, cioè quel breve periodo in cui la pornografia è stata fenomeno di massa intergenerazionale e interclasse. Uscito nelle sale americane il 17 dicembre 1972, girato con un budget di $60.000, Behind the green door ha incassato (compresa la distribuzione home-video) oltre 25 milioni di dollari, e negli anni ’70, con il dittico di Damiano Deep Throat e The devil in Miss Jones (id, 1972), è stato uno dei maggiori incassi di tutto il cinema americano. Nel maggio del 1973 è stato proiettato e applaudito al Festival di Cannes. La sua protagonista, divenuta star in seguito al clamoroso successo del film, non è una pornodiva. Marilyn Chambers, all’epoca è la testimonial pubblicitaria di un sapone per bambini Ivory Snow,  venduto con lo slogan: “99 e 44/100 %’ s pure”. I Mitchell Brothers, venuto a sapere di questa sua partecipazione, distribuiscono comunicati stampa in cui il film viene pubblicizzato con lo stesso slogan. L’indignazione dell’industria pubblicitaria, dopo l’uscita del film, è così profonda che la Procter & Gamble, titolare del marchio Ivory Snow decide di ritirare dal mercato tutte le confezioni dei prodotti su cui compare il volto di Marilyn Chambers. Tutta pubblicità gratuita per il film, il cui eco attraversa l’America da costa a costa e giunge persino sugli schermi televisivi dove la vicenda viene schernita con sketch e imitazioni varie, e apre lo stucchevole dibattito se la Chambers, abbia avuto o solo simulato l’orgasmo sul set.

DIE REBELLION (1993) di Michael Haneke

Der Letzte Mann

Die Ribellion (id. 1993) comincia con le immagini del funerale di Francesco Ferdinando nel 1914 a cui seguono le immagini documentarie della prima guerra mondiale. Mentre scorrono i titoli di testa il sonoro alterna audacemente vari inni nazionali: Tedesco, Francese, Americano, Inglese … quasi a voler contestualizzare il momento storico narrato a cornice necessaria agli eventi (cronologicamente successivi) dell’opera di Joseph Roth. Sensazione che si fa concreta in virtù del finale del film stesso, dove un lungo carrello segue il piede di Andreas Pum, con legato all’alluce il cartellino 073, lungo un corridoio dell’obitorio, per poi lasciarlo e seguire Willi uscire dalle camere mortuarie fischiettando. Willi esce fuori e la città inquadrata dall’alto fa da sfondo al cartello, a questo punto beffardo, Die Ribellion, cui seguono i titoli di coda sottolineati dal sonoro dell’allegro fischiettare di Willi. Quest’opera di Michael Haneke si presenta come la più formale dal punto di vista stilistico e interpreta il romanzo di Joseph Roth in modo molto libero e personale. Lo si deduce sia dall’aggiunta di alcuni dialoghi (come ad esempio quelli pronunciati dal tremante Bossi), sia dal tono rassegnato e freddo, quasi cronachistico, con cui Udo Samel interpreta la lettura in voce off dei dialoghi dal testo originale, in controtendenza con il senso di stupore e sorpresa che Roth innerva nella sua narrazione.

PAOLO CAVARA – GLI OCCHI CHE RACCONTANO IL MONDO

“Paolo Cavara – Gli occhi che raccontano il mondo”… di prossima pubblicazione (2)

E’ in arrivo la prima biografia/monografia dedicata al regista Paolo Cavara.

“Paolo Cavara – Gli occhi che raccontano il mondo” è un libro ricco di documenti inediti e che si avvale del prezioso contributo del figlio del regista Pietro Cavara.

Al suo interno anche interviste e  testimonianze con Ninetto Davoli, Giancarlo Giannini …e altri che scoprirete nei prossimi post che ci guideranno verso la pubblicazione del volume.  Seguiteci su questo blog!

In questo secondo post, alcune domande:

Che fine hanno fatto i materiali girati e mai montati per Mondo Cane, La donna nel mondo e Mondo Cane 2?

A chi sono stati venduti?

Dove sono finite le immagini presenti nel trailer di Mondo Cane..ma che non compaiono nel film?

a seguire un primo, breve, suggerimento….

ABEL FERRARA.UN FILMAKER A PASSEGGIO TRA I GENERI – RECENSIONE su STANZEDICINEMA.COM

Abel Ferrara: un filmaker a passeggio tra i generi

recensione a cura di Marco Albanese – 4 ottobre 2013

Abel Ferrara è impegnato in questi giorni nel montaggio di Welcome to New York, scritto assieme a Christ Zoist, prodotto dai francesi di Wild Bunch ed interpretato da Gerard Depardieu e Jacqueline Bisset: la sua versione dell’affaire Strauss-Kahn è uno dei film più attesi del 2014.

Fabrizio Fogliato, nel bellissimo “Abel Ferrara. Un filmaker a passeggio tra i generi”, edito da Sovera Edizioni, ci accompagna in un viaggio emozionante e pieno di sorprese, attraverso la straordinaria carriera di un regista iconoclasta e passionale, capace di affreschi grandiosi e tragici e di opere contraddittorie, involute, sgangherate.

Il libro segue lo stretto ordine cronologico dei film del regista newyorkese, senza prefazioni o introduzioni, tuffandoci immediatamente nella temperie culturale ed artistica dei primi anni ’70, tra sperimentazione e volontà di affermare la propria voce.

leggi la recensione integrale…