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Fabrizio Fogliato

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LO SQUARTATORE DI NEW YORK (1982) di Lucio Fulci

La città dell’ultima paura

Lucio Fulci gira il film definitivo; un film che mette in relazione il paese di Non si sevizia un paperino con la metropoli, un film il cui titolo iniziale doveva essere The Beauty Killer (interpretando al meglio tanto il contenuto del film quanto il rapporto tra morte e bellezza) e che viene girato tra l’agosto e l’ottobre del 1981. Lo squartatore di New York esce nel 1982, ed è il film-cerniera tra il decennio appena concluso ed i rampanti anni ’80: del primo conserva l’atmosfera morbosa e la fotografia plumbea, mentre dei secondi presagisce il “peggio” sia dal punto di vista visivo sia da quello narrativo; quello di Fulci è un film estremo, interamente imperniato sulla rappresentazione del Male, compenetrata tanto all’impulso omicida quanto al desiderio erotico. La sessualità è morbosa e umiliante al centro del film, l’atto sessuale vero e proprio è ridotto a mera rappresentazione (il live sexy-show), mentre la sua riproduzione nel film assume i toni aberranti di masturbazioni improprie (il piede del portoricano o la mano monca di Scallenda), e si coniuga perfettamente con la deriva gore e truculenta degli omicidi.

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Gli squartamenti sono ripresi in primo piano, con dovizia di particolari sanguinolenti, con la macchina da presa che indugia voyeuristicamente sulla “distruzione” dei corpi femminili. Non si tratta però né di compiacimento né di violenza gratuita, poiché Fulci, con Lo squartatore di New York ambisce a rappresentare una dichiarazione “autoriale” di impotenza: una resa di fronte al tempo, all’irrompere della violenza reale (proposta dai media) ben più truce e cruenta di quella della finzione; ma il film è anche una vera e propria presa di coscienza, in cui l’orrore (quello “vero” dei telegiornali) si è trasformato in spettacolo. Non a caso una delle battute centrali del film traduce pienamente il punto di vista del regista. Quando Fay è in ospedale, dopo l’aggressione, e confida a Peter di aver avuto un allucinazione in cui lui la uccideva, gli dice: “Che orrore… non riesco più a distinguere la realtà dall’immaginazione”, l’uomo risponde: “Non devi assolutamente avere paura delle tue fantasie… sono molto meno pericolose della realtà”.

ABEL FERRARA. UN FILMAKER A PASSEGGIO TRA I GENERI su CINEMA.TESIONLINE.IT

Film e arte di Abel Ferrara. Il conflitto morale di un uomo controcorrente

Detesto il cinema commerciale, detesto chi pensa solo a fare soldi, e in questo il cinema è un modo come un altro.  Detesto chi va ad Hollywood solo per diventare ricco e ottenere la fama… detesto anche vivere a Los Angeles“.
(Locarno, 6 agosto 2011)

Questo potrebbe essere un ottimo biglietto da visita per il regista nativo del Bronx (e di origini italiane) Abel Ferrara.  La dichiarazione qui estratta si trova, nella sua versione integrale, così come numerose altre interviste, nel corposo volume di Fabrizio Fogliato, che raccoglie in circa 450 pagine l’intero opus del controverso autore italoamericano.Prerogativa del libro è scavare sotto la definizione tipica e semplicistica di regista maledetto che accompagna Ferrara da tempo, con l’intento di approfondire i temi della sua poetica cinematografica così come la versatilità nei confronti dei generi, ma anche e soprattutto verso la comunicazione mediatica, dal punto di vista del formato del prodotto e della sua fruizione. Infatti in molti ignorano l’esperienza nel videoclip, l’approccio al format televisivo, la profondità del legame con la Campania e i dettagli dei suoi progetti in casa nostra, che il regista sente parte integrante del suo essere. Il tutto presentato in un rigoroso e accuratissimo ordine cronologico per opera, con sinossi, recensioni, commenti, sondaggi critici e disparate interviste, importantissime per il fascino del dettaglio. 

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ABEL FERRARA. UN FILMAKER A PASSEGGIO TRA I GENERI – INTERVISTA a CINEBLOG.IT

Abel Ferrara: un filmaker a passeggio tra i generi – intervista e recensione

di Antonio Maria Abate 23 Novenmbre 2013

Cinema come viaggio, come avventura. Perdersi nei meandri dell’esistenza, scandagliando gli angoli bui non solo per sondare l’oscurità ma soprattutto per comprendere dove sia la luce e quale sia il suo valore. Questo è ciò che traiamo dall’esperienza di Abel Ferrara dietro la macchina da presa, uno che s’incazzerebbe qualora osaste porgli la realtà da un lato e il cinema dall’altro – celebre in tal senso una sua affermazione relativa all’inscindibilità delle due cose.

Il lavoro del Professor Fabrizio Fogliato ci parla esattamente di questo viaggio nel suo Abel Ferrara – Un filmaker a passeggio tra i generi (Ed. Sovera, 2013). Una ricerca condotta con l’occhio di chi Ferrara non soltanto lo conosce, ma lo ha interrogato, partendo e soffermandosi proprio su ciò che più conta, ossia la sua opera; perché come diceva qualcuno, non c’è miglior modo di sondare il valore di un artista, ciò che gli sta più a cuore.

Per saperne di più….leggi l’intervista integrale

PAOLO CAVARA – GLI OCCHI CHE RACCONTANO IL MONDO

“Paolo Cavara – Gli occhi che raccontano il mondo”… di prossima pubblicazione

E’ in arrivo la prima biografia/monografia dedicata al regista Paolo Cavara.

“Paolo Cavara – Gli occhi che raccontano il mondo” è un libro ricco di documenti inediti e che si avvale del prezioso contributo del figlio del regista Pietro Cavara.

Al suo interno anche interviste e  testimonianze con Gigi Proietti, Riz Ortolani…e altri che scoprirete nei prossimi post che ci guideranno verso la pubblicazione del volume.  Seguiteci su questo blog!

Un libro che, tra le altre cose, offre il punto di vista del regista bolognese sulla realizzazione di Mondo Cane.

A seguire un estratto della cartella stampa di Mondo Cane.

SCHLOSS VOGELÖD (1921) di F.W. Murnau

Fantasmi da un passato poco conosciuto

Schloss Vogelöd è il film che precede Nosferatu – Eine Symphonie des Grauens (Nosferatu, 1921). Schloss Vogelöd appartiene a quella serie di opere meno conosciute del regista tedesco rislaenti al periodo in cui è sotto contratta con la Decla-Bioscop, periodo in cui, nonostante il successo di film come Der Gang in die Nacht (Il cammino della notte, 1920), non viene ancora ritenuto dalla critica un grande artista bensì solo un’interessante e promettente giovane di talento. Quello alla Decla-Bioscop è il periodo in cui F.W.Murnau affina la sua capacità, unica, di costruire, in situazioni normali e ordinarie (utilizzando gli elementi naturali, luce, aria, acqua…) un atmosfera carica di minaccia e di sfumature vagamente misteriosi e inquietanti.

THE PRIVATE AFTERNOONS OF PAMELA MANN (1974)

I racconti proibiti di una signora perbene, ovvero, quando la verità coincide con il desiderio

Nel 1974, Radley Metzger autore fino a quel momento di interessanti soft-core, tra i quali Therese e Isabelle (id., 1968), The Lickerish Quartet (id., 1970) e Score (id., 1972, ma esiste anche una versione con inserti hard), con lo pseudonimo di Henry Paris comincia a firmare film pornografici caratterizzati da una spiccata cifra autoriale. L’uscita di The private afternoons of Pamela Mann, avvicina il cinema hard a quello hollywoodiano ricalcando gli stilemi della “Sofisticated Comedy” anni ’50, e spinge il celebre critico dell’Hollywood Press, Bill Margold, a scrivere: “The Private Afternoons of Pamela Mann segna la fine dei film porno usa e getta, privi di scopo, masturbatori, che entrano in un orifizio ed escono dall’altro” (Hollywood Press, Aprile 1975). Definito come “l’altro lato di Gerard Damiano” il cinema di Metzger/Paris è caratterizzato da un’ironia gustosa ed esplicita (anche nella scene di sesso) in netta contrapposizione con la serietà, la malinconia e la crudezza delle opere dell’ex-parrucchiere newyorkese: non a caso quello di Metzger/Paris è conosciuto come “porno-chic.

Intervista a Brad Stevens (Febbraio 2010)

Brad Stevens biografo ufficiale di Abel Ferrara e autore del volume ABEL FERRARA: THE MORALVISION, edito dalla londinese FAB PRESS

“Abel Ferrara, the beginning until today, has made films, TV movies, Video clips, documentaries and royal drama, TV series … as may be defined as multi-faceted career as an author?

Ferrara belongs to a generation of American filmmakers who have to consider a number of options simply in order to keep working. But Ferrara refuses to divide the work up, to regard this project as more or less importamt than that one: he always tries to treat the material with as much seriousness and commitment as possible. I remember him talking to me about how he didn’t think much of the TV pilot THE LONER, but adding (I’m quoting this from memory) “you try to do something (meaning something good) with all these projects”.

QUESTO IL LIBRO DI BRAD STEVENS http://www.fabpress.com/books/abel-ferrara-paperback.html

QUESTO IL MIO LIBRO SU ABEL FERRARA http://www.soveraedizioni.com/schedalibro/17228/Abel-Ferrara

L’ASSASSINO di Elio Petri (1961)

L’istruttoria è chiusa…. dimentichi… se può…

Elio Petri, prima di esordire alla regia lavora a lungo come soggettista e sceneggiatore (suoi sono I Mostri (1963) di Dino Risi, che avrebbe anche dovuto dirigere, L’impiegato (1960) di Gianni Puccini e Alta infedeltà (1964) di cui dirige l’episodio “Peccato nel pomeriggio”, oltre all’esordio (non accreditato) in Roma ore 11 (1952) di Pasqualino de Santis). Al suo debutto da regista “autodidatta” egli instilla nella sua opera, uno stile inconfondibile, al tempo stesso audace e ragionato, e impone un efficacia drammatica alla storia e una padronanza del mezzo tecnico e della messa in scena senza eguali nel cinema precedente (solo Luchino Visconti ha la stessa perizia tecnico-stilistica e lo stesso carisma “autoriale”). Il tutto al servizio di un cinema che è proiettato nel futuro, avanti di vent’anni rispetto al momento in cui viene prodotto con al centro una serie di tematiche eterogenee e contingenti in grado di rendere ogni suo film universale e senza tempo.

BLUE COLLAR (TUTA BLU) di Paul Schrader (1978)

Quando il colore del lavoro diventa il colore dell’odio

Il cinema di Paul Schrader è un cinema scisso, in cui il tema della scelta è determinante per indirizzare esistenze di personaggi “limite”, disadattati della vita, ingenui consapevoli, condizionati dagli eventi, vittime di una spiritualità “altra” e opprimente. Tradizionalmente attento alle sfaccettature umane, fallaci e compassionevoli, dei suoi personaggi, Paul Schrader è regista intransigente, diretto e moralmente efferato, capace di precludere (quasi) sempre ogni possibile via di redenzione a uomini e donne che non la meritano. La sintesi del suo cinema cristiano-calvinista è racchiusa in un brano del Vangelo di S. Matteo: la lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra. Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona (Mt. 6,22-25).