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ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO. Vol 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri

Estratto del libro da La tratta delle bianche (1952) di Luigi Comencini

La tratta delle bianche è un film in cui si mescolano, vorticosamente, l’illusione del successo, l’avidità, la via facile per il guadagno, la freddezza dell’indifferenza, la svalutazione della vita e della dignità umana, la competizione e rivalità femminile, l’erotismo delle sottovesti e il gusto sadico dello spettacolo. Un film da cui non sono esenti da colpa non solo i protagonisti ma anche gli spettatori presenti in sala che per traslato sono quelli che, sadicamente e compiaciuti, assistono alla maratona, godono della sofferenza dei partecipanti e li istigano con scommesse e premi. In mezzo – tra attori e spettatori – si muovono i mezzani di cui Michele è il perfetto rappresentante ma la cui figura esiste perché da una parte ci sono Marquedi e il titolare dello sferisterio e dall’altra Alda, Giorgio e Linuccia. In un  film in cui tutti tradiscono tutti il mezzano, in quanto incarnazione della menzogna e del doppio-gioco, non può che farla da padrone fino a quando le cose vanno bene e diventare capro espiatorio quando la barca comincia ad affondare. Inoltre Michele è un uomo di borgata che prima di tutto tradisce la sua gente e le regole che governano questo strano microcosmo fatto di connivenza, rancori, invidie e solidarietà solo apparente.

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Estratto dal libro sul film LA STAGIONE DEI SENSI (1969) di Massimo Franciosa

Altro parto argentiano, questa volta condiviso con Barbara Alberti, Franco Ferrari e Peter Kintzel a partire da un soggetto di Amedeo Pagani, è la sceneggiatura de La stagione dei sensi (1969) diretto da Massimo Franciosa. In questo caso tanto la dimensione gotica, quanto quella parodistica sono decisamente accentuate, al limite del parossismo, trasformando il film in una sorta di apologo bizzarro e misogino. Il sesso è elemento persistente, qualcosa di appiccicaticcio, che trasuda dalle pareti del maniero dell’isola e che funge da catalizzatore per la messa in scena allestita del suo proprietario.

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Estratto dal libro sul film LA RIVOLUZIONE SESSUALE (1968) di Riccardo Ghione

Questo film fa parte di quelle opere in cui Dario Argento (prima del suo esordio come regista) offre il suo contributo di sceneggiatore, mettendo già in evidenza sia i tratti inquietanti che quelli parodistici del suo pensiero cinematografico all’interno di una scrittura che ammicca più all’incubo e alla dimensione onirica che alla realtà. La regia di Riccardo Ghione (che co-sceneggia a partire da un suo soggetto ispirato al saggio omonimo di Wilhelm Reich) si allinea alla dimensione argentiana facendo diventare il film, una sorta di sogno-incubo lisergico e bizzarro, in cui – nonostante la linea che divide la cieca fedeltà al “maestro” dal dubbio e dal senso critico espresso nei confronti delle sue teorie, sia chiara sin da subito –  tutto appare poco definito, sospeso, persino ambiguo. I monoblocchi, attraverso cui si sviluppa il film costituiscono sequenze-chiave il cui contenuto si lega direttamente sia a quella che precede che a quella che segue.

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Estratto dal libro sul film VORTICE (1953) di Raffaello Matarazzo

Vortice di Raffaello Matarazzo, sceneggiato dal regista con Aldo De Benedetti e Alessandro Continenza, pone all’attenzione dello spettatore tanto il matrimonio borghese, quanto l’arcaicità della tradizione. Il padre, all’inizio del film, tenta il suicidio per i debiti che ha accumulato affinchè la figlia non dovesse andare a lavorare. Scelta che, involontariamente, la condannerà ad un matrimonio borghese obbligato e non voluto. Basato sulla “proposta indecente” che prevede lo scambio tra matrimonio e denaro, in cui il primo serve ad estinguere i debiti di famiglia e ad impedire al padre di finire in carcere, il film – che non lesina temi audaci e improvvidi (nel finale c’è persino un tentativo di infanticidio) – vive sulla contrapposizione tra due donne, Elena Fanti (Silvana Pampanini) e Clara (Irene Papas), legate allo stesso uomo Luigi Moretti (Gianni Santuccio): una ne è la moglie obbligata, l’altra l’amante occasionale.

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Estratto dal libro sul film LA PECCATRICE (1940) di Amleto Palermi

Il film viene girato nel 1938 contemporaneamente a L’ultima nemica di Umberto Barbaro e, dopo essere stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, viene distribuito a partire dal 3 settembre del 1940. Tanto per l’audacia dei temi trattati, quanto per l’ambientazione urbana e contemporanea, quanto per alcuni passaggi neorealistici, La peccatrice viene accolto con freddezza e suscita atteggiamenti controversi tanto da parte del pubblico che della critica. Certo è che, in epoca di censura fascista, viene da chiedersi come sia potuto essere distribuito un film che tutto in una volta mette in sequenza il mondo della prostituzione, il rapporto extra matrimoniale, il tentativo di suicidio e una visione della città e del progresso rappresentata come i tentacoli di una piovra pronti ad inghiottire chi non si dimostra all’altezza.

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Estratto dal libro sul film IL BOOM (1963) di Vittorio De Sica

l film di De Sica, scritto da Cesare Zavattini, deriva da un soggetto del 1957 che lo sceneggiatore ha ricavato dopo aver letto su un giornale di un uomo che voleva vendere uno dei suoi occhi per quattordici milioni. L’episodio, diventa, nella fervida mente dello sceneggiatore, la grottesca e degna soluzione per i mali dell’italiano-medio ormai non più il disoccupato senza tetto e baraccato del dopoguerra, ma l’arrampicatore sociale figlio deforme del boom economico che pensa solo a guadagnare per adeguare il suo standard di vita alla condizione economica che si è imposto. L’aspetto più curioso del film è rappresentato dall’impostazione della scrittura e dal punto di vista con cui viene raccontata la vicenda di Giovanni Alberti: quello della donna, qui rappresentata dalla moglie Silvia (Gianna Maria Canale), la quale, indirettamente diventa il motore del racconto, poiché il suo stile di vita dipende dalle entrate del marito il quale, oltre a fornirle gli “oggetti necessari” al suo benessere, vive la sua condizione matrimoniale come sospesa in una dimensione onirica divisa a metà tra il pragmatismo della realtà (anche quella erotica) e l’incubo del desiderio (anche quello sessuale).

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Estratto del libro su LE SALAMANDRE (1969) di Alberto Cavallone

Le salamandre assume subito i toni di un affresco politico in cui il menage a trois è elemento puramente decorativo (dal punto di vista sentimentale) ed è elemento simbolico (dal punto di vista concettuale). I tre ruoli, infatti, appaiono perfettamente in linea con le volontà del regista: la fotografa, possessiva, spietata, dominante e bianca tiene alla catena la sua modella, schiava (inconsapevole), remissiva, riconoscente e nera, mentre lo psichiatra, elemento distonico, è la leva che mette in moto il processo di consapevolezza di Uta e, contemporaneamente, rappresenta il colonialista ipocrita che pensa solo a lavarsi la coscienza con la buona azione di turno. Non a caso è negli interni (l’abitacolo della vettura, il locale, l’appartamento nel finale) che la sua azione di “analisi” si fa più pregnante, quell’azione che Cavallone circoscrive in spazio oscuri e cavernosi, asfittici e claustrofobici in cui emerge la dimensione primitiva (e animale) dell’essere umano. L’azione dello psichiatra, poco alla volta fa emergere – in modo provocatorio – quella che secondo le tesi di Fanon appare come la naturale predisposizione alla sottomissione e al colonialismo del terzo mondo a cui dovrebbe corrispondere una sollevazione popolare, una rivolta che porti, attraverso la violenza, alla dovuta compensazione. […]

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ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO. Vol. 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri – (Prefazione di Davide Pulici)

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Il “cittadino-medio”, quello che nel corso della storia italiana, diventa “spettatore” è qui identificato come guida. Il Virgilio di un “viaggio infernale” tra i serpenti di celluloide di un cinema e di una storia mai raccontati.

Documenti inediti, interviste e testimonianze di una “contro-storia” del Cinema Italiano. Un cinema italiano, nascosto, rimosso, sottaciuto e bandito che diventa cartina di tornasole del “Paese reale”.

E per la prima volta l’analisi completa della figura e del cinema di Massimo Pirri.

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ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO. Vol. 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri – (Prefazione di Davide Pulici)

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Il “cittadino-medio”, quello che nel corso della storia italiana, diventa “spettatore” è qui identificato come guida. Il Virgilio di un “viaggio infernale” tra i serpenti di celluloide di un cinema e di una storia mai raccontati.

Documenti inediti, interviste e testimonianze di una “contro-storia” del Cinema Italiano. Un cinema italiano, nascosto, rimosso, sottaciuto e bandito che diventa cartina di tornasole del “Paese reale”.

E per la prima volta l’analisi completa della figura e del cinema di Massimo Pirri.

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