LIBRI

Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici del cinema criminale italiano (Bietti Edizioni, 2022)

Il cinema criminale è un incrocio di letteratura (Gadda, Pasolini, Albinati), storia (Piazza Fontana, i “golpi bianchi”, la P2), cronaca nera (“la Banda della Magliana”, il massacro del Circeo). Matura e prende forma nel conflitto tra cittadini e delinquenti che squarcia la società italiana dal Secondo dopoguerra e genera sperequazione, fame, delatori, profittatori e parassiti.
Lo stato criminale di Sciascia, il sentire mafioso, la dimensione occulta del Potere imbrattano la celluloide e travolgono il Belpaese a suon di complotti, intrighi, logge massoniche, raffiche di mitra, “stragi di Stato”, stupri collettivi, rapine a mano armata, pallottole vaganti e vittime innocenti: da tutto questo il cinema italiano trae linfa vitale per oltre mezzo secolo mostrando sullo schermo la psicologia di massa di un Paese che agisce come una belva… con la rabbia agli occhi.
Accumulando trame, battute di sceneggiatura, stralci di romanzi o verbali della polizia, resoconti psicanalitici, dichiarazioni di giudici e commissari (veri e finzionali) Fogliato assembla un tomo definitivo e caleidoscopico sulla Storia del nostro Paese, così come si è originato da una “scena primaria” felice e insidiosa: il boom del benessere ha creato mostri che ancora imperversano.


Prefazione al volume “Gianmariavolontè” di Umberto Lucarelli (Bietti Edizioni, 2022)

Non è un saggio, non lo si può definire neppure un romanzo, ma è la storia di una amicizia tra l’attore Gian Maria Volonté e Oreste Scalzone, dirigente dell’organizzazione di estrema sinistra Potere Operaio, raccontata da quest’ultimo a Umberto Lucarelli, anche lui di quell’area politica e scrittore di una trilogia sul ’77: Non vendere i tuoi sogni, mai; Ser Akel va alla guerra; Vicolo Calusca. Lucarelli trasforma le parole di Scalzone in una narrazione struggente e incalzante come – incalzanti – lo erano quegli anni, colmi di eventi belli e tragici a un tempo, di una grande passione per il cambiamento sociale, politico, personale, in cui non si esitava a mettere a rischio anche la propria vita.

 


“Il cinema è al servizio del cittadino? – Intervista a Romolo Guerrieri” (Bietti Edizioni, 2022)

La passione per il cinema, l’amore per le storie raccontate, l’onestà e la sincerità di un professionista della Settima arte… Questo è Romolo Guerrieri: un regista nel senso più profondo del termine, capace di mescolare l’artigiano e l’intellettuale per restituirci film appassionati, dove la padronanza assoluta della tecnica e del linguaggio cinematografici si traduce in straordinari slanci di creatività.
Innovatore e pioniere, Guerrieri ha osato proporre eroi fragili nel virile western all’italiana, dato il via al “giallo all’italiana” con Il dolce corpo di Deborah e personalizzato il “poliziesco all’italiana” concentrandosi sulla sua dimensione antropologica, per raccontare le vite al limite degli uomini di legge in film come La polizia è al servizio del cittadino? Regalandoci anche Un detective, tra i rarissimi polar nostrani, e uno dei titoli più sorprendenti e sperimentali degli anni Settanta, La controfigura. Nell’intervista rilasciata a giugno 2022 in esclusiva a Fogliato – autore per Bietti anche di Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano (che vanta la prefazione di Romolo Guerrieri) – il regista novantenne si racconta e si “riscopre”, attraverso lo sguardo critico di chi ha saputo comprendere per intero le implicazioni umane delle sue storie per immagini.


Jacopetti files. Biografia di un genere cinematografico italiano” (con Fabio Francione – Mimesis Edizioni, 2016)

cinema-fogliano-jacopetti-files-1Che lo si ammiri o no, il cinema di Gualtiero Jacopetti non può lasciare indifferenti. Mondo cane, Africa addio, Addio zio Tom sono solo alcuni dei film che hanno inventato i contorni di un nuovo genere cinematografico, il Mondo Movie. Nato sul finire degli anni ’50 come sottogenere del Documentario, il Mondo Movie vuole colpire lo spettatore ricorrendo a immagini e a temi spesso scioccanti e controversi, al limite della morbosità. Non a caso il genere è conosciuto anche con il termine “shockumentary”. Il genere – nei decenni successivi – si dirama in più affluenti che hanno come sorgente i protagonisti di quell’incredibile stagione (Franco Prosperi, Paolo Cavara, Stanis Nievo, Antonio Climati, Mario Morra) fino ad abbracciare e includere l’approccio eretico e scientifico dei F.lli Catiglioni. Francione e Fogliato ricostruiscono in questo libro la biografia di un fenomeno di culto, attraverso interviste, testimonianze, sondaggi critici, materiali editi e inediti, contributi originali e un corredo fotografico tratto da archivi pubblici e privati.

Guarda le recensioni >>


“Paolo Cavara. Gli occhi che raccontano il mondo” (Ediz. Il Foglio – Seconda edizione 2016)

cav_2016Paolo Cavara è un regista eclettico che su qualunque terreno si è mosso è riuscito a mantenere intatto e riconoscibile il suo stile fatto di una forte attenzione al taglio documentario della ripresa, un montaggio secco e stringato ed una propensione nel raccontare la “follia” umana attraverso la costruzione di personaggi non convenzionali. Lontano da qualunque forma di intellettualismo, Paolo Cavara ha anticipato di decenni temi e dibattiti attuali persino oggi, come quello dell’ecologia e del culto delle apparenze. Ha sempre affrontato gli argomenti più urgenti e scottanti, senza mai alzare la voce, senza mai gridare lo scandalo ma, al contempo, sempre con una fermezza e un rigore che non possono non essergli riconosciuti. Questa nuova edizione del libro – che si pone a metà strada tra la divulgazione e lo studio accademico – presenta nuove interviste e testimonianze, la pubblicazione e l’analisi di soggetti inediti, uno studio critico e sfaccettato dell’opera più importante dell’autore (L’occhio selvaggio) che si vanno ad aggiungere ad un apparato fotografico ulteriormente integrato, ad una filmografia critica arricchita di nuovi documenti e alla trascrizione integrale dei trattamenti di Mondo cane e I malamondo.


“Luigi Scattini: inferno e paradiso” (a cura di – Ediz. Il Foglio, 2015)

scatUn’indagine, sotto forma di viaggio, all’interno dell’opera di uno dei cineasti più interessanti e poco indagati del cinema degli anni settanta. Uno studio su un modo diverso di intendere il mondo-movie e sulla genesi del filone esotico-erotico. Luigi Scattini ha ideato e realizzato un film epocale come Svezia inferno e paradiso e ha fornito al grande musicista Piero Umilani la possibilitá di esprimere tutto il suo talento attraverso le colonne sonore da lui composte. Luigi Scattini ha lavorato con mostri sacri del calibro di Buster Keaton, ha portato nel cinema italiano l’esuberante Jayne Mansfield, ha condotto regie al fianco di star internazionali come Robert Taylor e Anita Ekberg, ha fatto entrare nell’immaginario collettivo dell’epoca il corpo vellutato di Zeudi Araya, ha indagato – primo fra tutti – il mondo del cinema a luci rosse ai suoi albori. Ma Luigi Scattini é stato anche colui che ha curato il doppiaggio dei più importanti film internazionali degli ultimi decenni e, all’inizio della sua carriera, é stato un fine e raffinato documentarista riconosciuto e pluripremiato a livello mondiale. Questo volume collettivo, oltre a proporre l’analisi completa della sua opera, attraverso saggi, interviste, immagini inedite e testimonianze si propone di fornire uno studio approfondito e imparziale su un autore sorprendente e originale a cui si devono alcune delle pagine più incisive della storia e del costume del cinema italiano.


Italia: Ultimo Atto – Vol. 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri (Ed. Il Foglio, 2015)

italia_ultimo_atto_fabrizio_fogliato_2015Il “cittadino-medio”, quello che nel corso della storia italiana, diventa “spettatore” è qui identificato come guida. Il Virgilio di un “viaggio infernale” tra i serpenti di celluloide di un cinema e di una storia mai raccontati. Documenti inediti, interviste e testimonianze di una “contro-storia” del Cinema Italiano. Un cinema italiano, nascosto, rimosso, sottaciuto e bandito che diventa cartina di tornasole del “Paese reale”. Sole (1928) di Alessandro Blasetti, Rotaie (1929) di Mario Camerini, La peccatrice (1940) di Amleto Palermi, Tombolo paradiso nero (1947) di Giorgio Ferroni, La strada buia (1950) di Marino Girolami e Sidney Salkow, L’inferno addosso (1959) di Gianni Vernuccio, Milano nera (1962) di Rocco & Serpi, La cuccagna (1962) di Luciano Salce, Silvia e L’amore (1968) di Sergio Bergonzelli, Top Sensation (1969) di Ottavio Alessi, Le salamandre (1968) di Aberto Cavallone, Morire gratis (1968) di Sandro Franchina, Delitto al circolo del tennis (1969) di Franco Rossetti, Vergogna schifosi!… (1969) di Mauro Severino, Flashback (1968) di Raffaele Andreassi…. E tantissimi altri titoli ….da (ri)scoprire….E per la prima volta l’analisi completa della figura e del cinema di Massimo Pirri.


Paolo Cavara – Gli occhi che raccontano il mondo (Ed. Il Foglio, 2014)

cavara_fabrizio_fogliato_2014Paolo Cavara, un regista eclettico che su qualunque terreno si è mosso è riuscito a mantenere intatto e riconoscibile il suo stile fatto di una forte attenzione al taglio documentario della ripresa, un montaggio secco e stringato ed una propensione nel raccontare la “follia” umana attraverso la costruzione di personaggi non convenzionali. Lontano da qualunque forma di intellettualismo Paolo Cavara ha anticipato di decenni temi e dibattiti attuali persino oggi, come quello dell’ecologia e del culto delle apparenze. Ha sempre affrontato gli argomenti più urgenti e scottanti, senza mai alzare la voce, senza mai gridare lo scandalo ma, al contempo, sempre con una fermezza e un rigore che non possono non essergli riconosciuti.


Abel Ferrara – Un filmaker a passeggio tra i generi (Ed. Sovera, 2013)

abel_ferrara_fabrizio_fogliato_2013Abel Ferrara è regista anomalo, onnivoro nei gusti, passionale e umorale nella realizzazione dei film. Aperto alle esperienze, privo di pregiudizio verso qualunque supporto mediatico. Abel Ferrara è un regista-artista, un menestrello della contemporaneità, un viveur appassionato ed eccessivo, un cineasta passionale e umorale, capace di alternare opere sublimi ad altre quantomeno discutibili. Mai banale, talvolta sgangherato nella forma ma rigoroso e moralmente ineccepibile nei contenuti. Un cantore della modernità metropolitana (ma non solo); un artista che usa il “genere” come contenitore di opere che si alimentano delle pagine più oscure e contraddittorie della contemporaneità. Spesso, semplicisticamente, identificato come artista maledetto, in realtà è regista che della riflessione sulla dicotomia Bene-Male e delle implicazioni e dei limiti del libero arbitrio ha fatto le colonne portanti di una filmografia morale e mai moralista. Nella sua lunga carriera ha realizzato anche videoclip, spettacoli teatrali, documentari; diretto serie tv, inventato format e abortito innumerevoli progetti per mancanza di denaro.

ABEL FERRARA. UN FILMAKER A PASSEGGIO TRA I GENERI è stato adottato dall’università Roma “Tor Vergata”.
A seguire il link di riferimento:

Michael Haneke – Il nastro bianco (eBook – Ed. Falsopiano,2010)

nastro_bianco_bigNord della Germania. La pace ha i giorni contati e la prima guerra mondiale bussa alla sua porta. Bambini e adolescenti frequentano assieme l’unica classe della scuola di un piccolo villaggio: é attraverso di loro, e la voce off del loro maestro che ricorda quei giorni, che Michael Haneke traccia un ritratto algido e geometrico di quel mondo e di quella societˆ. L’estrema severitˆ di comportamenti e atteggiamenti nasconde derive perverse e patologiche che trovano applicazione nelle violenze domestiche e nei confronti di donne, bambini, disabili fisici e psichici. Dunque, Das Weisse Band – Il nastro bianco (vincitore della “Palma d’oro” per il miglior film in concorso all’edizione 2009 del Festival di Cannes) è l’ulteriore messaggio diretto all’indirizzo di quella contraddittoria ricerca che occupa Haneke da anni e che riguarda la questione della forma e della rappresentazione della violenza nel mondo moderno, dal ’900 ad oggi. “Il cinema di Michael Haneke – Il nastro bianco” costituisce l’aggiornamento digitale de La visione negata di Fabrizio Fogliato, pubblicato nel 2008 e si propone di indagare la nuova opera del regista austriaco, inquadrata già come capolavoro, attraverso la relazione di un saggio originale con la raccolta dei sondaggi critici pubblicati all’uscita del film a Cannes.


La visione negata – Il cinema di Michael Haneke (Ed. Falsopiano, 2008)

visione_negata_bigIl primo testo critico italiano dedicato a Michael Haneke. Un analisi rigorosa e imparziale del suo “cinema della crudeltà” a partire dal linguaggio artaudiano, collocandolo al centro di uno “sguardo austriaco” che insegue la presa di coscienza del reale, sfiorando la letteratura di Bernhard e Jelinek, lo slancio degli Azionisti viennesi, una “pornografia spaziale” che getta le coordinate del desolante vivere moderno, comune a Ulrich Seidl. La “visione negata” di Michela Haneke è un atto di trascendenza, un atto cinematografico che espelle dalla vita reale la felicità e che, attraverso l’esercizio crudele del suo cinema, pone allo spettatore solo domande e non pretende mai di dare risposte. Tutti i film in 16 capitoli, interviste e un saggio di Haneke su Bresson.

Testo citato da Pablo Ferrando García – Universitat Jaume I de Castelló de la Plana (Valencia) pubblicazioni sul cinema di Michael Haneke.


Saw – Analisi di un successo annunciato (Ed. Morpheo, 2008)

saw_bigCon questo libro, Fabrizio Fogliato ci prende per mano e ci porta all’interno di questo terribile universo, nel quale torture e trappole mortali la fanno da padrone e dove riecheggia sempre la stessa domanda: vuoi vivere o morire? A te la scelta. «L’obiettivo di questo libro è quello di raccontare, attraverso l’analisi delle pellicole nel loro complesso ma anche singolarmente, un percorso cinematografico anomalo parallelamente alla sinergia che questo crea con lo spettatore. Senza alcuna volontà di attribuire alle immagini valori aggiunti e senza giudicare la riuscita o meno delle pellicole, il fine è quello di argomentare sul substrato narrativo di questa trilogia, sulle metafore nascoste e sul linguaggio estremo e anatomicamente al limite del sopportabile utilizzato dai giovani cineasti per rappresentare un rapporto vittima-carnefice mai così paritario».


Flesh & redemption – Il cinema di Abel Ferrara (Ed. Falsopiano, 2006)

flesh__redemption_bigRegista di genere, interprete della contemporaneità, maestro del disincanto: Abel Ferrara è artefice di un percorso cinematografico personalissimo e controverso, che affonda le sue radici profonde nella carne e nello spirito di individui divorati da un’esistenza maledettamente terrena. Il libro analizza l’opera di Abel Ferrara alla luce delle più recenti evoluzioni di una poetica vicino ai grandi dubbi dell’uomo di oggi.