Il cinema di Gaspar Noé: atmosfere surreali e lisergiche, le coordinate Anémic Cinéma
Il punto di vista soggettivo che percorre tutto il film, è la rappresentazione filmica del flusso di coscienza: ecco perchè la soggettiva non è tale, perchè subendo un lieve spostamento che la rende una pseudo-soggettiva, lo sguardo sulla realtà del protagonista non collima con lo sguardo dello spettatore. Non si tratta dunque di un film in soggettiva che ammicca al modello (dichiarato dallo stesso Noè) di Lady in the Lake (1947) di Robert Montgomery, bensì di una operazione in cui lo spettatore vede di più (ma non necessariamente meglio) di Oscar. Nonostante il ricorso al facile espediente del battito delle ciglia aggiunto allo scorrere delle immagini per aumentare l’aderenza tra lo spettatore e il personaggio, il film non riesce mai (e questo è sicuramente il limite più grande del film) a rendere credibile l’artificio narrativo, perchè l’assenza di un controcampo (in presenza di una finta soggettiva) da una sensazione di indeterminatezza e di straniamento che mette a disagio. Quello che per tutti è un limite, paradossalmente, per Noè diventa la norma, perchè come nel caso di Irreversible, anche in Enter the Void, l’intento del regista nei confronti dello spettatore non è quello di catturarlo bensì di destabilizzarlo.