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EMANUELLE IN AMERICA (1976) di Joe D’Amato (Seconda Parte)

Quando Emanuelle ruppe lo specchio: la vertigine della visione

 

Se in Emanuelle e Françoise, le sorelline, il maschio è incatenato ad un palo nel ruolo di sterile spettatore, in Emanuelle in America, gira il mondo con un collare dorato e numerato, trainato come un cagnolino al guinzaglio di facoltose borghesi. La sua unica funzione è quella di strumento di piacere a pagamento, il macho è ridicolizzato in decadenti pantomime (come quella in cui è travestito da Zorro) necessaria al soddisfacimento di un piacere geriatrico (espresso al meglio nella sua disfunzionalità, dagli inserti hard-core). Il secondo binario, su cui si muove il film, oltre ad essere ben più interessante, è anche significativo di un percorso, giunto sul limite del punto terminale, operato dal cinema “bis” (ma anche da quello d’autore) degli anni ’70, al fine di scardinare i meccanismi censori e di abbattere tutte le barriere del mostrabile. In questo, Emanuelle in America diventa una sorta di film-manifesto e il suo regista un demiurgo capace di cogliere l’attimo, intuire il cambiamento irreversibile dello sguardo e affondare la scrittura cinematografica nella palude dell’estremo senza né infingimenti né ipocrisie.

ABEL FERRARA. UN FILMAKER A PASSEGGIO TRA I GENERI – intervista a Cameralook.it

Abel Ferrara. Un filmaker a passeggio tra i generi e Welcome to New York

 

intervista di Giacomo Aricò – 22 Maggio 2014

È da poco uscito Welcome to New York, l’ultimo discusso film diAbel Ferrara che sarà trasmesso oggi in streaming a livello mondiale. Una storia che ripercorre lo scandalo a luci rosse che ha coinvolto nel 2011 Dominique Strauss Kahn quando ai tempi era il Direttore del Fondo Monetario Internazionale. DKS si è infuriato e ha querelato Ferrara, considerato uno dei cineasti più influenti e innovativi della storia del cinema. Per parlare di questo regista mai banaleCameralook ha deciso di intervistare il critico cinematografico e scrittore Fabrizio Fogliato, autore del libro Abel Ferrara – Un filmaker a passeggio tra i generi per Sovera Edizioni.

leggi l’intervista integrale……

ABEL FERRARA.UN FILMAKER A PASSEGGIO TRA I GENERI – RECENSIONE su SOLOLIBRI.NET

Abel Ferrara: un filmaker a passeggio tra i generi

recensione a cura di Teresa D’Aniello – 15 Maggio 2014

Il libro raccoglie l’intera opera cinematografica del regista Abel Ferrara, le sceneggiature, una ricca e completa bibliografia di articoli e monografie e in più è corredato di note e recensioni pubblicate a seguito delle uscite dei suoi film. Un lavoro scrupoloso e diligente svolto da Fabrizio Fogliato, giovane docente di Storia del cinema e del linguaggio cinematografico, dedicato a uno degli autori più outsider della filmografia internazionale.

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LASSE BRAUN’S “SENSATIONS” (1974)

Sexual Revolution…

“I believe pornography is at the center of the biggest cultural revolution of our century”.Parola di Lasse Braun, ovvero l’italianissimo Alberto Ferro, colui che la rivista newyorkese “Escapade”, nel 1981, ha definito come “ il padre della pornografia moderna”. Come sempre nelle etichette c’è un misto di esaltazione e approssimazione; certo è pero, che, indiscutibilmente, Lasse Braun è stato un pioniere “di qualità” nel campo, un abile “politico” e, a suo modo, anche un rivoluzionario. Alberto Ferro nasce ad Algeri nel 1936, figlio di un diplomatico italiano e proveniente da una ricca e nobile famiglia italiana. Sin da piccolo, per lignaggio, è destinato a seguire le orme del padre, ma è anche, irresistibilmente attratto dalla sessualità. Egli racconta con una certa enfasi ed esagerazione: “La prima scopata fu nell’aprile del 1944, con Wilma, quando nel parco della villa di mio zio, sul lago di Como, si tenne il party per il mio ottavo compleanno. Anche se a spiegarmi tutto sul sesso fu Joe, un soldato nero USA che arrivò a Cernobbio nel ’45. Lo vidi montare mia cugina e poi mi spiegò tutto, svelandomi i misteri del sesso arrivando persino a disegnarmi in terra, con un rametto, quello che succede tra uomini e donne” (intervista a Lasse Braun, in booksblog.it, 8 marzo 2010). Lasse Braun dal 1956 al 1961 è iscritto all’Università Statale di Milano, dove si laurea in Giurisprudenza, e presenta come tesi un lavoro dal titolo “Censura giudiziaria nel mondo occidentale”, che negli anni dell’oscurantismo sessuofobo della DC, viene rifiutata e provoca sdegno nel mondo accademico. Il giovane Braun, inizia così un percorso anti-istituzionale finalizzato ad abbattere la sessuofobia imperante e a smascherare l’ipocrisia repressiva del potere.

ABEL FERRARA.UN FILMAKER A PASSEGGIO TRA I GENERI – RECENSIONE su CIAOCINEMA.IT

Abel Ferrara: un filmaker a passeggio tra i generi

recensione a cura di Alessandro Fortebraccio – 18 Aprile 2014

[…] Ovvio che questo non è l’unico studio critico sul regista del Bronx disponibile sul nostro mercato ma è più convincente di lavori analoghi, non soltanto per gli aggiornamenti ma  per la cura dei dettagli, l’eleganza dello stile e la profondità dell’analisi sia sul piano linguistico che su quello contenutistico. […]

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ABEL FERRARA.UN FILMAKER A PASSEGGIO TRA I GENERI – RECENSIONE su STANZEDICINEMA.COM

Abel Ferrara: un filmaker a passeggio tra i generi

recensione a cura di Marco Albanese – 4 ottobre 2013

Abel Ferrara è impegnato in questi giorni nel montaggio di Welcome to New York, scritto assieme a Christ Zoist, prodotto dai francesi di Wild Bunch ed interpretato da Gerard Depardieu e Jacqueline Bisset: la sua versione dell’affaire Strauss-Kahn è uno dei film più attesi del 2014.

Fabrizio Fogliato, nel bellissimo “Abel Ferrara. Un filmaker a passeggio tra i generi”, edito da Sovera Edizioni, ci accompagna in un viaggio emozionante e pieno di sorprese, attraverso la straordinaria carriera di un regista iconoclasta e passionale, capace di affreschi grandiosi e tragici e di opere contraddittorie, involute, sgangherate.

Il libro segue lo stretto ordine cronologico dei film del regista newyorkese, senza prefazioni o introduzioni, tuffandoci immediatamente nella temperie culturale ed artistica dei primi anni ’70, tra sperimentazione e volontà di affermare la propria voce.

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LO SQUARTATORE DI NEW YORK (1982) di Lucio Fulci

La città dell’ultima paura

Lucio Fulci gira il film definitivo; un film che mette in relazione il paese di Non si sevizia un paperino con la metropoli, un film il cui titolo iniziale doveva essere The Beauty Killer (interpretando al meglio tanto il contenuto del film quanto il rapporto tra morte e bellezza) e che viene girato tra l’agosto e l’ottobre del 1981. Lo squartatore di New York esce nel 1982, ed è il film-cerniera tra il decennio appena concluso ed i rampanti anni ’80: del primo conserva l’atmosfera morbosa e la fotografia plumbea, mentre dei secondi presagisce il “peggio” sia dal punto di vista visivo sia da quello narrativo; quello di Fulci è un film estremo, interamente imperniato sulla rappresentazione del Male, compenetrata tanto all’impulso omicida quanto al desiderio erotico. La sessualità è morbosa e umiliante al centro del film, l’atto sessuale vero e proprio è ridotto a mera rappresentazione (il live sexy-show), mentre la sua riproduzione nel film assume i toni aberranti di masturbazioni improprie (il piede del portoricano o la mano monca di Scallenda), e si coniuga perfettamente con la deriva gore e truculenta degli omicidi.

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Gli squartamenti sono ripresi in primo piano, con dovizia di particolari sanguinolenti, con la macchina da presa che indugia voyeuristicamente sulla “distruzione” dei corpi femminili. Non si tratta però né di compiacimento né di violenza gratuita, poiché Fulci, con Lo squartatore di New York ambisce a rappresentare una dichiarazione “autoriale” di impotenza: una resa di fronte al tempo, all’irrompere della violenza reale (proposta dai media) ben più truce e cruenta di quella della finzione; ma il film è anche una vera e propria presa di coscienza, in cui l’orrore (quello “vero” dei telegiornali) si è trasformato in spettacolo. Non a caso una delle battute centrali del film traduce pienamente il punto di vista del regista. Quando Fay è in ospedale, dopo l’aggressione, e confida a Peter di aver avuto un allucinazione in cui lui la uccideva, gli dice: “Che orrore… non riesco più a distinguere la realtà dall’immaginazione”, l’uomo risponde: “Non devi assolutamente avere paura delle tue fantasie… sono molto meno pericolose della realtà”.