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UNA VITA VIOLENTA (1962) di Brunello Rondi – Parte Seconda

L’elegia di una generazione disorientata, divisa tra violenza e sentimento, nella prima regia di Brunello Rondi

Le passeggiate di Tommaso non sono altro che dei lunghi monologhi figurativi in cui ogni azione è una proiezione psicologica della sua indole e del suo pensiero. Bolognini filma con il carrello – nello stesso modo con cui mostra l’irruenza e le corse sulla spiaggia libera del Saro – le lunghe passeggiate di Agostino lungo la spiaggia “protetta” dell’albergo, liberando il conflitto interiore che anima il bambino “orfano” (perché la donna ha un flirt con il giovane e aitante Renzo) della madre. La realtà di Una vita violenta si nutre di verginità attraverso il rapporto personaggio-ambiente che diventa via via più dissonante: la profonda umanità di Tommaso appare sommersa dal degrado, dai mucchi di spazzatura, dalla solitudine delle periferie urbane ricondotte a motivo scatenante di una violenza tanto primitiva quanto immotivata. Allo stesso modo, Agostino, apprende con violenza la verità sui rapporti umani e sessuali; conoscenza che matura in un luogo desolato e perduto all’interno della laguna veneziana, un’isola sporca, fatiscente e infestata dalle erbacce, metafora del degrado e della promiscuità che scatenano in lui turbamenti e malesseri.

UNA VITA VIOLENTA (1962) di Brunello Rondi – Parte Prima

Frammenti di Pier Paolo Pasolini e di Alberto Moravia nella prima regia di Brunello Rondi

Tommaso (Francesco Citti), un giovane di borgata, conduce una vita scioperata trascorrendo il tempo con gli amici, frequentando la sezione del Partito Comunista solo per ballare. Con Lello, e gli altri, le giornate le divide tra il biliardo, l’aggressione notturne alle coppiette e altre bravate simili. Una sera il gruppo parte all’avventura che si conclude con lo stupro di una francese e la tentata rapina ad un benzinaio, prima di ritrovarsi in pizzeria a mangiare e bere con i pochi spiccioli recuperati. Un giorno Tommaso conosce Irene (Serena Vergano) e se ne innamora. Per far colpo su di lei organizza con gli amici una serenata. Ne nasce una rissa durante la quale egli ferisce un uomo con il coltello. Arrestato, sconta alcuni mesi di carcere. Uscito di prigione, ritrova Irene – che nel frattempo lo ha aspettato – si ammala di tisi e viene ricoverato in sanatorio, dove conosce un agitatore sindacale comunista, che per la prima volta lo tratta da uomo. Uscito dal sanatorio – guarito ma fragile – decide di sistemarsi e sposarsi. Tormentato dal dubbio e dalla gelosia per quei mesi trascorsi in carcere lontano dalla ragazza, sembra voler rinunciare al matrimonio. Un giorno, a seguito dell’alluvione che ha investito i baraccati di Pietralata si getta nelle fredde acque dell’Aniene per salvare una donna, una prostituta rimasta bloccata su un tetto, ma il gesto provoca una ricaduta della malattia, che lo conduce alla morte.
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Una vita violenta (co-diretto con Paolo Heusch) racconta la miseria senza pudori e senza vergogna e – attraverso la struttura iconografica – conferisce ai protagonisti (persone e luoghi) dignità e vitalità, tracciando le direttrici della forza d’animo dei poveri/emarginati e della loro voglia indomita di non rassegnarsi (quella che li porta ad affermare di “voler mangiare il mondo”). Brunello Rondi, dopo l’apprendistato registico del documentario viene contattato dal produttore Moris Ergas per una regia a quattro mani con Paolo Heusch. Rondi, l’intellettuale, viene affiancato da Heusch, l’artigiano. Heusch proviene dal cinema di genere – sua è la firma sull’esordio della sci-fi italica con La morte viene dallo spazio (1958) – e a quello stesso cinema tornerà dopo la breve parentesi pasoliniana, prima di abbandonare definitivamente il set a metà degli anni’70. Moris Ergas chiama Rondi (ma le prime scelta erano state altre: Franco Brusati che figura tra gli sceneggiatori e Gillo Pontecorvo), per immergere la pellicola in una dimensione “epica” e per conferire al romanzo di Pier Paolo Pasolini, il respiro dell’affresco sociale (a scapito di quello politico dominate all’interno del libro).