L’isola dei morti: un immagine onirica che deve produrre un tale silenzio che il solo bussare alla porta dovrebbe fare paura
La sequenza successiva rimanda all’altra componente del film – quella proveniente da Laure– il film diretto da Anonimo (come scritto sui titoli di testa, in realtà girato da Roberto D’Ettore Piazzoli, dopo l’abbandono di Emanuelle Arsan) di cui in Velluto neroritroviamo l’eroina: Laure/Annie Belle. In compagnia di Emanuelle, le due donne assaporano un attimo di felicità immergendosi nella realtà del suk, assaporandone gli aromi dell’incenso di zenzero, mentre alle immagini di vita quotidiana si sovrappone una voice-offche ne celebra la bellezza e la mancanza; poi, le due donne terminano la loro breve fuga visitando un bordello in cui, proima sono spettatrici di un amplesso saffico e poi si abbandonano loro stesse all’amore lesbico. Brunello Rondi, restituisce a questa scena un tocco di poetico lirismo (altrimenti sconosciuto al resto del film), consacrandola non solo a momento liberatorio ma anche a rappresentazione metaforica dell’amore tra popoli: la donna bianca e quella nera si stringono in un coito struggente che è sinonimo sia della libertà sessuale che di una possibile globalizzazione dei corpi. Per quanto improbabile e velleitario, il tentativo rondiano, non risulta mai ridicolo e riesce a mantenere un’ambiguità di fondo che non lascia indifferenti. Il proseguire del film è concentrato sullo svelamento, da parte di Laure, dell’ipocrisia e della prosopopea del gruppo di borghesi: inadatti a vivere la realtà e pertanto immersi nel delirio distruttivo del sogno.